14 Febbraio 2022

Diamanda Galas

Dionisio Capuano
Diamanda Galas

Maledetto sarai quando entri e maledetto quando esci [Deuteronomio, 28,19]

Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria / col suo marchio speciale di speciale disperazione, canta De Andrè nel suo ultimo album. Una canzone d’indubbia bellezza, dal testo profondo che potrebbe librarsi senza problemi sul sagrato di San Francesco. Ma se quelle parole s’incarnassero e senza mediazione si presentassero a voi nella loro quintessenza, se una donna dai capelli corvini, la bocca rosso fuoco e lo sguardo abissale vi chiedesse di esibirsi là davanti, – magari per interpretare un testo di Pasolini – voi cosa direste, fareste?

Tra le figure più complesse ed iconiche della scena internazionale, Diamanda Galas canta il dolore e l’inferno ma non è ne un demonio né profetessa della sventura. Nel suo sangue scorre sangue greco-alessandrino, nelle interviste rivendica con forza le sue origini anatoliche. La storia disgraziata di quei popoli trova grande eco nella sua musica, in gran parte fatta di polmoni e corde vocali, che sempre infiamma il pubblico, trascinato in concerti-eventi catartici, riti di partecipazione e purificazione emotiva.

Nasce e cresce in una famiglia di musicisti, le sue attitudini sono assecondate dai genitori, la vita poi le condurrà per sentieri aspri ed originali. Viene educata al pianoforte (esordirà con la San Diego Symphony nel Piano Concerto n.1 di Beethoven) ma il suo destino, a dispetto delle volontà paterne, è la vocalità. È un “soprano sfogato”, come Maria Callas, la sua espressività apocalittica è il frutto di doti naturali, studio, passione e delle dolorose vicende familiari. Piano e voce comunque costituiranno proprio il binomio vincente della sua carriera, caratterizzando le impressionanti esecuzioni dal vivo.

Diamanda è molto legata a suo fratello Philip-Dimitri, con lui condivide fin dall’infanzia la passione per il pensiero maledetto: de Sade, Nietzsche, il teatro della crudeltà di Artaud, la metafisica dark di Poe. Quest’interesse per la oscura che alberga in tutti noi e che l’arte può in esorcizzare, avrà degli sviluppi inaspettati. Dopo gli esordi in ambito jazz, il debutto al festival di Avignone, l’incontro con Xenakis, incide “Litanies of Satan” (1982) e “Diamanda Galas” (1984). Non sono lavori estetizzanti o dark-horror ma già in qualche modo politici, vi baluginano temi quali la tortura, le violenza delle dittature, l’odio etnico.

Va ricordato che la Galas ha una formazione medico-scientifica negli indirizzi dell’immunologia e dell’ematologia. Vive a San Francisco nel periodo in cui esplode l’AIDS. Colpita profondamente dal clima di caccia all’untore che circonda la malattia e gli ammalati ne fa un tema portante della sua poetica, a favore della giustizia sociale e contro ogni forma di stigma. Tra il 1986 ed il 1988 incide una trilogia. “The Divine Punishment” (1986), “Saint of the Pit”(1986) e “You Must Be Certain of the Devil” (1988). È in questo lasso di tempo che Dimitri scopre di essere ammalato e muore. Questa ferita affettiva rende più intenso il suo attivismo. E non è certo una tipa che media. Per dire, il dieci dicembre 1989 viene arrestata insieme ad altri di ACT UP nel corso di una manifestazione contro l’Arcivescovo John Joseoh O’Connor, proprio dentro la chiesa di San Patrick.

All’alba dei ’90 la sua identità artistica e umana si staglia inimitabile. Amata e odiata, indifferente a nessuno. I decenni a seguire sono  segnati da variegate collaborazioni e da un più intenso cimento con la forma-canzone, rock-blues molto scuro, ma anche soul, country, ovviamente mutante ed in fattezze espressioniste. La parte sperimentale riemerge in “Vena Cava” (1992), quella politicamente impegnata in “Defixiones: Will and Testament” (2003), dedicato ai genocidi degli armeni, dei greci anatolici e degli assiri all’inizio del ‘900. Sono comunque le canzoni i vessilliferi della sua fama e del suo mito. Lavori come “La Serpenta Canta” (2003) e “Guilty, Guilty, Guilty” (2008), album-memoria della sua infanzia e dedicato ai suoi genitori, ne fanno una vera anti-star.

https://www.youtube.com/watch?v=VK_I_yd8tDA

Il disco pubblicato nel 2008, fu invero registrato tra l’ottobre del 2005 e il marzo del 2006. Ed il set delle composizioni è in giro già l’anno precedente. Il 19 aprile del 2004 il “Guilty, Guilty, Guilty” tour tocca Perugia. La Serpenta entra e si siede al pianoforte, proprio sul palco del Teatro Morlacchi. Lei – penso giocasse anche un po’ con il personaggio – entra vestita di nero da cima a piedi, nel silenzio assordante e si siede al pianoforte. Non volò una mosca, un’ora di esibizione, il pubblico letteralmente catturato. Così ci racconta Walter Guarini, che già ci rapportò su Zorn. Fu un concerto che mi emozionò moltissimo… nonostante mi aspettassi esattamente quello che poi successe quella sera, il  concerto mi ha lasciato dei ricordi molto vividi… Platea e palchi affollati, molti “incliti” ed un pizzico di “volgo”, che fu colpito dall’esibizione.

Diamanda Galas prosegue intensamente la sua vita d’arte, a 360° gradi. Ancora non si è esibita ad Assisi. Nel 2013 ha collaborato ad un installazione di Vadislav Shabalin, “Aquarium”, ispirata al disastro ecologico del Golfo del Messico, nella chiesa di San Francesco di Udine. Noi l’immaginiamo vagare per angoli e pietre declamando il cantico delle creature derelitte.

Il grande enigma della vita umana non è la sofferenza, bensì la sventura [L’attesa di Dio – Simone Weil]

Dionisio Capuano

È project designer e manager in ambito formativo e culturale. Collabora con la rivista Blow Up e tenta, senza successo, di mettere ordine nelle sue passioni per le varie forme dell'arte. Oggetto di studio in un recente saggio sulla critica musicale, ha pubblicato più di ottanta recensioni su dischi inesistenti ed è coautore di un album di musica elettroacustica.

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