Artaserse Angeli nasce ad Assisi nel 1867, nella zona di Santo Stefano, e si spegnerà a Terni nel 1943.
È un ragazzino sveglio e il padre fabbro, sognando per lui un futuro migliore, lo manda in seminario. Il figlio, eccellente studente, chiederà poi però di tornare in officina, dove porrà a frutto le lezioni di disegno prese da Alessandro Venanzi orientandosi verso l’artigianato artistico. Gli studi brillanti, benché interrotti, gli danno mezzi e passione per coltivare accanitamente la lettura, ma anche per giudicare liberamente i propri tempi. Si accosta con trasporto agli ideali socialisti, al punto di farsi promotore della fondazione ad Assisi, dopo il 1892, di una sezione del neonato partito.
Forte, dinamico, coraggioso, si impegna per le rivendicazioni dei contadini lottando contro gli agrari, ed è perciò specialmente inviso alle autorità. Già nel 1898 sarà costretto a quasi un anno di esilio a Barcellona, e nel 1900 finirà incarcerato, vittima dell’indiscriminata ondata repressiva seguita all’uccisione del re Umberto I. Oppositore delle guerre coloniali italiane, sostiene invece l’intervento bellico del 1915, pentendosene poi. Il successivo “biennio rosso” che scuote anche l’Umbria riaccenderà le speranze progressiste, ma la ricaduta inattesa sarà l’avvento dei fascisti al potere nazionale.
Artaserse, nel frattempo, si è imposto come artista di valore nel suo campo e apprezzato tecnico meccanico. Perduta la prima moglie si è risposato con Ginevra Brilli, che gli ha dato quattro figli: Giuseppe, Balilla, Angelina e Maceo. Da giornalista e solitario consigliere socialista in Comune, si batte fieramente per l’identità laica di Assisi e per la difesa dei suoi tesori contro il clericalismo risorgente. Ma dopo il 1922 la repressione politica, già prima violenta, è diventata feroce. Dopo l’attentato al Duce del 1926 ne fa le ingiuste spese anche l’adolescente Maceo, mentre l’orgoglioso Artaserse è costretto a rifugiarsi a Terni, dove riesce a sopravvivere faticosamente del proprio lavoro. Indomito, più volte arrestato e condannato anche a un anno di confino poi condonato, ormai logorato nel corpo e nello spirito, morirà insieme al figlio Balilla sotto le bombe alleate nel devastante bombardamento di Terni dell’11 agosto 1943, senza aver potuto tornare nell’amatissima Assisi. Il ricordo del suo valoroso impegno politico, ravvivato solo nel centenario della nascita da una commemorazione di partito, resiste tuttavia faticosamente nella memoria popolare.