Papato e Impero furono i due poli attorno ai quali si composero le categorie bassomedievali, entrambi con la pretesa universalistica di ergersi a guida politica, morale e spirituale dell’intera Cristianità (“me cojoni”, direbbe il commissario Schiavone).
Tramontarono combattendo ferocemente a colpi di tiara e pastorale contro globo e scettro, schivando con agilità anatemi incrociati e distruggendosi infine a vicenda. Ad Assisi, con l’involontaria complicità del santo poverello, le antiche tenzoni hanno lasciato una smagliata vocazione guelfa che propone Assisi come il lume nella notte dello spirito, cui il mondo guarda con reverenza e speranza. C’è da chiedersi in virtù di quali speciali meriti si avanzi tale pretesa. Accoglienza? Solidarietà? Una particolare sensibilità delle istituzioni, laiche e religiose, nei confronti di minoranze, migranti, bisognosi? Naturalmente molte associazioni di volontariato legate o no alla Chiesa, fanno molto, moltissimo, ma qui come altrove. Sembra mancare qualsiasi evidenza che giustifichi l’antica pretesa universalistica e un qualche primato spirituale, eccezion fatta per la consistente abbronzatura con cui Carlo Conti, annualmente, ci traumatizza dal palco della basilica inferiore. La perdita di un senso profondo e di una direzione sono ben più di una occasione perduta. Assisi è già da tempo un re nudo di cui tutti lodano l’impeccabile eleganza. Eppure, si potrebbe obiettare, se migliaia di pellegrini, ogni anno, si arrampicano sfiatati con le mani e con i denti su per la nostra collina, qualcosa vorrà pur dire, qualcosa si sarà pur fatto. “Tanto prestigio per nulla” argomenterebbe Shakespeare”, “not in my name” rincarerebbe San Francesco ma se volete sapere cosa ne pensa Rocco Schiavone, conviene che guardiate la serie in tv.
Universal – Blur