Rumore è una parola versatile e umorale, feconda di significati ed echi: rimanda a fastidiose dissonanze che impediscono ascolto, attenzione o quiete ma anche a festosi ricordi, ad aspettative o a rassicuranti prassi quotidiane.
Il rumore dell’estate è estroverso, spumeggiante, carico di illusioni, attese e tregue, secondo il tempo della vita.
Ad Assisi l’estate è sonorizzata, al netto della pandemia, dallo sbattere sgangherato dei trolley sull’acciottolato, dall’ululato del bambino obeso che pretende il sedicesimo gelato, dai richiami delle guide turistiche, dalle risate acute di nugoli di cinesi arrampicati gli uni sugli altri per selfie acrobatici, dai canti di pellegrini esaltati che risuonano euforici già alle sei di mattina.
Ma una volta sciamata l’agguerrita falange ormai sazia di spiritualità a buon mercato, gli assisani superstiti o gli ospiti di palato fine, non disdegnerebbero godere dei rumori e dei suoni della vita normale: commenti su film appena visti bevendo un bicchiere di vino, posto di avere un cinema e locali accoglienti; tonfi di tuffi segreti in piscina di notte o di quelli autorizzati nelle giornate assolate, posto che ne esista ancora una; grida e richiami di bambini che giocano mentre genitori e nonni si godono l’ombra immersi nel verde del Pincio, posto che non sia chiuso ma comunque degnamente sostituito dal restyling di un quadrato moquettato a Porta Nuova, con pretese di “spazio giochi”, inaugurato dall’amministrazione locale con una solennità non seconda a quella di Luigi XIV all’apertura di Versailles.
Infine cala la sera in un silenzio denso e inespugnabile che entusiasma gli ispirati sulle tracce del Santo mentre i più, flagellati dalla noia, invocano l’intero parterre divino mentre giocano a bizzozzero da Bibiano.
brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
Rumore in antico aveva molteplici varianti, tra cui remore, remure, rimore, rimure, e il letterario romore, più diffuso dell’attuale rumore, anche se quest’ultimo si imporrà in maniera definitiva a partire dal XIX secolo. La voce continua il latino rumorem (di origine indoeuropea, da una radice onomatopeica ru ‘suono, rumore’), probabilmente attraverso la forma tarda romorem.
Suggerimento musicale a cura di Dionisio Capuano
Save The Country – Julie Driscoll, Brian Auger & the Trinity [Streetnoise, 1969]
Tanti i rumori del mondo. L’anno era quello che era, certo. Però quel sangue rock blues è ancora rosso e vivo, ogni volta lo ascolti.