Generazioni di giovani assisani hanno immaginato ogni cm. di suolo pubblico come un campo da gioco. In perfetta autoamministrazione, nelle piazze, nei vicoli, in piana o in salita, aspiranti calciatori A475 si sono passati il testimone – o meglio, il pallone, secondo il tempo spietato dell’invecchiamento biologico e dei diktat della società produttivista, che condanna il gioco, inutile dopo una certa età. Glabri mini-Baggi senza codino, Maradona paffuti e smilzi Ronaldi, hanno preso a cannonate mura, fontane, arcate e volte pinte, di destro, di sinistro, di punta: per decenni, senza rimpianti, neanche più tardi, dopo la laurea in beni culturali. Questo avveniva non senza conflitti – “Signò, proprio qua deve passà per andà alla messa? È la finale dei mondiali, se sbrighi, è inutile che ce manda i colpi”-, ma in un contesto di fluida normalità: la frugalità di due stracci per le porte, i bulletti e gli egocentrici che but-tia-mo-le-giù per le squadre, pronti? Via: la libertà: senza prenotazioni né tariffe, ad ogni ora, nella totale anarchia e comproprietà dello spazio cittadino. Padroni di Assisi, tanto quanto le macchine, gli albergatori e i turisti. Improvvisamente, ma non imprevedibilmente, questi cuori affannati però mai stanchi, queste tempiette grondanti nonostante i pacati consigli – “se sudi buschi”-, queste ginocchia storte ma ferme come colonne, questa infinita potenza metabolica, questa libertà danzante che sui sampietrini si faceva vita ed esplodeva in un paso doble, una piroetta o in un calcio sugli stinchi e una bestemmia, smettono di esistere. Al posto loro? Il decoro, la quiete pubblica, la valorizzazione. Le cazzate. Hanno vinto i compartimenti stagni: vuoi giocare? Vai al campetto e paghi. La partita è finita. È persa. Ma il campionato è ancora lungo.
Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
Libertà è dal latino libertatem (a sua volta da liber), da cui si ebbero gli antichi italiani libertate e libertade, con successiva caduta della sillaba finale (tecnicamente per apocope, che ha prodotto la voce tronca o ossitona, cioè con accento sull’ultima vocale). È la ‘condizione di chi è libero, autonomo, indipendente, affrancato’.
Suggerimento musicale a cura di Eugenio Pacelli
«L’orchestra è un mondo. Ognuno contribuisce con il proprio strumento, con il proprio talento. Per il tempo di un concerto siamo tutti uniti, e suoniamo insieme, nella speranza di arrivare ad un suono magico: l’armonia. Questo è il vero comunismo. Per il tempo di un concerto.» (Andreï Filipov prima del concerto)
Ascoltate il violino e la sua libertà che trasmette nelle sue melodie
Ascolto: Tchaikovsky‘s Violin Concerto in D major, Op. 35“ Hilary Hahn · Royal Liverpool Philharmonic Orchestra · Vasily Petrenko · Pyotr Ilyich – Tchaikovsky