Libagione è sinonimo di festa e per Noi Assisisani “la Festa” è il kalendimaggio.
Preparando i Cortei o nelle pause delle prove per Scene o Coro un bicchiere non si può negare, soprattutto perchè Libagione nel calendimaggio equivale ad offerta (fatta o subìta).
Offrire vino in primis, l’acqua degli dei.
Così inebriati (e talvolta inebetiti) ci si getta in baruffe semiotiche piuttosto che in momenti di dissociata associazione su chi sia stato o stata la figura di maggior pregio, l’anno migliore, la vittoria più evocativa.
E si beve insieme.
C’è sempre qualcuno per vicoli, in piazza, nelle sedi col quale condividere momenti che non si rivivranno più ma che in quel momento sembrano eterni.
Si beve per non pensare che dopo il Kalendimaggio c’è un’altra vita, perchè la Vita vera per Noi Assisani dura solo pochi giorni; gli altri sono attimi sospesi fino al prossimo Kalendimaggio.
Beviamo tra amici, nemici, prima di fare l’amore, dopo averlo fatto, per gioire o consolarci.
Libiamo celebrando il nostro essere nostri senza interessarci su chi c’è fuori.
Fuori la bottiglia e fuori dalle mura.
Kalendimaggio è tutto e tutto il suo contrario, ma soprattutto è bello e buono.
Come un bicchiere in compagnia.
Viva il Kalendimaggio, viva le libagioni.
Nunc est bibendum
note etimologiche di Carla Gambacorta
Libagione è l’esito nell’italiano settentrionale del latino libationem (vicino al greco leíbō ‘versare a goccia a goccia’) e in origine aveva un significato sia religioso, vale a dire ‘versare alcune gocce di un liquido su un altare o su una vittima sacrifcale come offerta alla divinità’, sia profano (più tardo) ‘degustare’. Libagione ha successivamente assunto l’accezione scherzosa di bevuta (e non solo a fior di labbra), per lo più di alcolici, tra amici’. Ma libare ha acquisito anche estensivamente il significato di ‘brindare’, com’è ad esempio documentato in un episodio della Traviata: «Libiamo, libiamo ne’ lieti calici, che la bellezza infiora. E la fuggevol ora s’inebrii a voluttà». Una curiosità: uno dei derivati è illibato, cioè che, come traspare dall’etimo, non è stato mai “assaggiato”.
L’ascolto musicale
a cura di Giulia Testi
Bache bene venies – Carmina Burana