10 Maggio 2021

Lavoro

Marco Bottoloni
Lavoro

Sarà forse per il singolare pudore a parlare di denaro che quando è in questione il lavoro si scomodano dignità, nobiltà, solidarietà. Ma questa è una guerra perduta da tempo. La politica non governa l’economia: i suoi assiomi e men che meno il fine ultimo del massimo profitto. Le leggi del mercato più che quelle di natura sono lo sfondo immutabile al quale adeguarci. Assuefatti al nuovo ruolo di produttori efficienti e soprattutto di zelanti consumatori, a difesa del nostro stile di vita, siamo i primi sostenitori della crescita costante e dello sviluppo. Allora quello del lavoro è solo un problema di denaro; questo sì indiscussa misura della nostra dignità e nobiltà. Nessuna battaglia di principi, al più si trattano le condizioni della resa, ad ogni crisi più pesanti.
Crisi di sistema, nonostante se ne trovino i colpevoli tanto da crederle eccezionali. Tutte uguali, nella prospettiva del lavoro. E che paghiamo con quei diritti, al cambio di maggior precarietà, mobilità, flessibilità, le quali sole paiono preservare il nostro benessere. Un benessere da difendere, nell’emergenza sanitaria, pure a rischio della vita, e che però non ci appaga, drogato com’è di nuovi bisogni. Sollevando lo sguardo, Assisi anche in questo è esemplare. Tutto è fermo, come per maleficio di fiaba. Perché non c’è nulla: il pensiero unico “del far di conto” l’ha trasformata in una monocoltura del turismo, e cancellando ogni articolazione economica ha posto sotto incantesimo anche le relazioni sociali. Ora riapriranno i serragli e sarebbe da chiedersi con quanta maggior precarietà, pagheranno la crisi quei lavoratori stagionali già privi di ogni ammortizzatore sociale. Ma i turisti sciameranno di nuovo intasandola, tutto tornerà alla normalità e non importerà a nessuno, in barba alla solidarietà.

Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta

Lavoro è una parola che giunge a noi dal latino laborem, transitando attraverso il normale sviluppo in italiano (nelle parole di tradizione popolare) di –b – in –v –, suono quest’ultimo sconosciuto al latino nella nostra accezione. Diversamente accade nei cosiddetti latinismi, parole di tradizione letteraria, dove –b – invece si mantiene (ad es. Laborioso). La voce latina richiama l’idea di qualcosa di duro, di pesante, di penoso, ed è suggestivo al riguardo ricordare che dietro all’italiano lavorare si nascondono il travagliare di alcuni dialetti del nord e il faticare di molti dialetti del sud. Ma se invece vogliamo guardare all’imminente domani con fiducia, come i cittadini romani al sorgere dell’eta augustea, possiamo ricordare i versi di Virgilio: Labor omnia vincit improbus et duris urgens in rebus egestas (‘Ogni difficoltà è vinta dall’assiduo lavoro, e dal bisogno che incalza nelle situazioni difficili’). Almeno speriamo.

Suggerimento musicale a cura di Simone Marcelli

Tarkus, un armadillo cingolato che al posto delle zampe ha gli ingranaggi di un carro armato, nasce, cieco e sordo, da un uovo ai piedi di un vulcano e conduce la sua esistenza fra continue lotte e combattimenti, fino ad essere sconfitto ed a sprofondare in mare. Una nuova mitologia nella lingua del rock, l’allegoria dell’umanità quando smette di pensare con il cuore e avanza con la cieca irrazionalità del gruppo. In fondo noi siamo Tarkus quando rinunciamo alla fantasia ed al sogno per perseguire soltanto il guadagno.

Ascolto: Tarkus [Tarkus, 1971] – Emerson, Lake & Palme

https://www.youtube.com/watch?v=WKNOlDtZluU

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