17 Novembre 2021

Eredità

Prospero Calzolari
Eredità

Dice Hans Biedermann nella sua Enciclopedia dei Simboli: “Col passaggio dell’uomo del neolitico alla vita stanziale, nella quale l’“avventura” del pane – dal chicco al forno -rappresentò una tappa essenziale nel cammino della civiltà umana, si iniziò a produrre un nuovo paesaggio culturale, e la possibilità di costruire le sue prime scorte gli fornì l’occasione di poter soddisfare la sua inclinazione al lavoro intellettuale”. Dunque “pane” e “lavoro intellettuale” sembrerebbero strettamente legati.
Assisi non ha più, da molto, troppo tempo, un forno per il pane…
Una volta c’era Ottaviani in via San Rufino (col montacarichi riforniva Rosetta, sulla sinistra, all’inizio della via), Peppe Simonelli (detto Peppe Cacio) in via San Paolo, Otello alla Chiesa Nuova, Raniero Fabbri (il fratello di Gaetano) a San Pietro, Ronca in via San Francesco: cinque forni! E se è vero che l’uomo “non vive di solo pane”, è ancora il nome di “pane” che si dà al suo nutrimento spirituale, così come al Cristo eucaristico, pane della vita. E il pane di cui l’ostia è composta rappresenta la memoria delle origini… memoria persa ad Assisi – insieme a tante altre memorie – simbolo di perpetuazione, oramai accantonata nel dimenticatoio della Storia.
Una città senza un forno per il pane non è più una città, ma solo un “bed and breakfast”. I nostri figli e i nostri nipoti che non sentirono il profumo del pane di quei forni non potranno ereditarne il ricordo (un profumo non lo puoi raccontare), ma altre Rosette ed altri Otello avrebbero potuto e potrebbero ancora – volendo – raccogliere il “testimonio”. Un forno per il pane ad Assisi non è forse più importante di un Ufficio per il Sostegno alle Nazioni Unite UNESCO?

Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta

Eredità è voce giuridica attinta al latino hereditatem con perdita dell’acca iniziale e caduta della sillaba finale (a séguito della quale si origina in italiano una parola dall’accento tronco, cioè che cade sull’ultima sillaba), formatasi da heredem ‘erede, successore, seguace’, dalla radice indoeuropea ghar- ‘colui che prende’. Linguisti ottocenteschi fanno risalire la voce erede al greco chéros ‘privo, vuoto’, e quindi ‘divenuto orfano’.

Suggerimento musicale a cura di Diego Aristei

La forza dell’eredità morale è la capacità di riconoscere, nelle insidiose paludi della vita, il sentiero, anche arduo, che ci porta a realizzare i valori in cui crediamo.

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