Era di luglio quando Frida Kahlo prese in mano i pennelli per l’ultima volta e completò l’opera che fu il suo testamento spirituale. Otto giorni prima di morire, sulla polpa di succulente angurie, tratteggiò “Viva la vida / Frida Khalo”. Poche parole, al contempo inno alla gioia e grido di dolore. Nel 1968, soffermandosi sulla firma della compianta artista, altro vi lesse Adriano Fabbri. In Assisi era detto il gubbino per la sua provenienza da famiglia di mezzadri marchigiani in cerca di podere, finché elessero a propria terra la città di Ubaldo santo. Adriano, con Gubbio nel cuore, si fece mezzo assisano per amore della moglie Derna. Mantenne sempre la cadenza eugubina e qualche reminiscenza fabrianese da indurlo in felice errore leggendo il nome Frida Khalo. Non c’era da filosofeggiare, se il cocomero “frida ‘l callo”, in estate poteva essere refrigerio dall’afa e ben venduto a pezzi sotto le piante fuori l’arco di Porta Nuova. Per 50 lire lasciava gustare fette dolci come zucchero e dissetanti quale acqua di fonte. Due i segreti: conservare i cocomeri al fresco per non farli lessare dal caldo o dal freddo, verificarne la qualità uno a uno. Fabbri fece tesoro delle precedenti esperienze di vita, essendo stato minatore a Marcinelle. Abituato a scavare senza timore, ricavò un cunicolo, oggi chiuso con piastra di ferro, nel muro dietro la fontanella. La terra, oltre la pietra, era il ricovero ideale per la frescura delle angurie. Prima del taglio a metà, con sapienti tasselli ne estraeva il rosso zuccherino, quasi a riscattare il grigio tempo del nero carbone. A onor di verità, altre voci sussurrano che il gubbino non fosse stato ispirato dalla tormentata messicana. Potrebbe aver avviato l’attività per una scommessa con Bomba, macellaio in Borgo Aretino.
Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
Cocomero, proviene dal latino cucumis, cucumeris,che indicava anche il ‘cetriolo’, e in questo senso la voce continua in alcune regioni dell’Italia settentrionale, mentre in Toscana e in Italia centrale è il frutto tondo, con la buccia verde e la polpa rossa acquosa, simbolo dell’estate (chiamato anche, soprattutto al nord, ‘anguria’). Varrone nel suo De lingua latina ritiene che «cucumeres dicuntur a curvore [‘curvatura’], ut curvimeres dicti».
Suggerimento musicale a cura di Dionisio Capuano
Watermelon Man – Gun Club [Miami, 1982]
Triste la storia di Jeffrey Lee Pierce. Resta la musica, registrata proprio in giugno. Usatela come un esorcismo, tra un morso e l’altro.