01 Marzo 2025

Assisi e il “grave giogo”

Carla Gambacorta
Assisi e il “grave giogo”

onde Perugia sente freddo e caldo

da Porta Sole; e di rietro le piange

per grave giogo Nocera con Gualdo

(Pd XI, 48)

 

 

Siamo nell’anno del Giubileo. Siamo nell’anno del Cantico e “quasi” alle porte del centenario francescano.

Siamo nel canto XI del Paradiso, dedicato a s. Francesco.

Tra i passi controversi del canto, si annovera la locuzione per grave giogo (v. 48), che è stata fin dal Trecento, fin dagli antichi commentatori, variamente interpretata. Alcuni hanno sostenuto un’esegesi geografica, con riferimento alla posizione di Nocera e Gualdo rispetto alla fertile costa di Assisi; alle più dure condizioni climatiche e alla supposta minore fertilità di quei luoghi; alle ore di luce; all’ingombro dovuto al Subasio, o all’Appennino, che costituiva quindi il giogo, che in Dante indica in più di un’occasione ‘monte’. Le due cittadine “piangerebbero” per la loro ubicazione.

Altri hanno inteso il passo con significato politico, interpretando il giogo estensivamente come ‘dominazione oppressiva’, con rimando (ma anacronistico ed errato) alla tirannia esercitata dagli angioini e da re Roberto, oppure, alla soggezione (stavolta storicamente documentata) imposta dalla guelfa Perugia nel XIII secolo e in parte del XIV, fino ad arrivare all’Albornoz. Le due cittadine “piangerebbero” per l’asservimento. Questa tesi venne argomentata nel 1941 anche dal nostro podestà Arnaldo Fortini.

Ma, oltre a queste letture di grave giogo, alcuni dantisti si sono orientati sì verso un’esegesi geografica, intesa tuttavia in senso topografico-allegorico, una metafora mistica per esaltare la spiritualità del luogo. Dal cielo del Sole, nell’XI canto, s. Tommaso parla di s. Francesco, che rappresenta un sole, per cui Ascesi diviene Oriente. Perugia, a occidente di Assisi, può vedere il sole nascente e il sol novus di s. Francesco, mentre viceversa Nocera e Gualdo, situate a oriente, di rietro alla fertile costa e al monte, non possono vedere lì sorgere l’astro benigno, il mistico sole. Ed ecco perché “piangerebbero” per grave giogo.

Nell’introdurre il luogo di nascita del Santo, in questi versi di esordio paesistico, Dante vuole rappresentare attraverso metafora il legame tra il paesaggio e la spiritualità di s. Francesco. La sacralità del luogo predisposto da Dio, la bellezza della natura, nel canto in cui il sommo poeta celebra l’inimitabile s. Francesco.

Quella sacralità del territorio di Assisi ormai da tempo, e oggi più che mai, tradita, vilipesa, abbattuta. Smantellata dal menefreghismo, dal mercimonio, dal cemento. Cioè a dire, dalla più temibile arma di distruzione di massa, vero attuale grave giogo: la fastidiosa, grossolana, arraffona ignoranza dei moderni, troppi, Trimalcione, lasciati qui a briglia sciolta.

Carla Gambacorta

Professore aggregato di Filologia italiana (SSD: L-FIL-LET/13) all’Università per Stranieri di Perugia.

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