28 Luglio 2024

Basta nostalgia! Che fare della piscina di Assisi in disuso?

Francesco Berni
Basta nostalgia! Che fare della piscina di Assisi in disuso?

Il caldo estivo accende il ricordo di generazioni di Assisani che presi dalla calura avevano un luogo pubblico in cui trovare refrigerio: la piscina comunale.

I corsi di nuoto da bambino con l’acqua gelida, i pomeriggi tra adolescenti chiassosi e il bar in cui poter giocare a basket nel cortile.

La piscina non c’è più ad Assisi. È chiusa da un decennio ormai, ma sistematicamente si riaccende la polemica estiva che, come un incendio, divampa alimentato da una stampa che soffia sul vento della nostalgia. Abbiamo bisogno di un dibattito diverso orientato a soluzioni lucide senza evocare fantasmi del passato.

Ma questa estate è diversa.

La differenza è che a Bastia Umbria, la giunta di centro destra ha riaperto la sua piscina comunale dopo anni. Un confronto imbarazzante per  Assisi, dopo tanti anni di promesse.

La realtà dei fatti è che la città di Assisi ha avuto per lungo tempo un impianto sportivo fuori scala con forti costi di gestione e manutenzione.

L’assenza di una pianificazione integrata tra comuni ha fatto il resto. Ognuno ha guardato il suo orticello per dirla in modo semplice e questi sono gli effetti dell’incapacità di collaborare tra amministrazioni vicine [1].

Bastia Umbra e Assisi invece di pensare in modo complementare si sono date sempre le spalle agendo secondo logiche competitive.

Questi sono i risultati: Una piscina abbandonata senza alternative e una appena inaugurata. Dobbiamo superare queste logiche e pensarci come una città unica nel disegno delle funzioni urbane e nella mobilità, ragionando in un’ottica di complementarietà con strumenti di pianificazione intercomunale.

Ma tornando alla piscina di Assisi, che fare?. Assisi è una frazione di Santa Maria degli Angeli, gli abitanti sono nella piana. La verità è questa. L’Assisano è in via di estinzione.

Esiste già una piscina a Bastia Umbra.

A senso farne un’altra ad Assisi rispetto allo stato delle cose?

Dobbiamo superare la nostalgia e guardare in faccia alla realtà.

Realizzare una nuova piscina ad Assisi come quella che ci ricordiamo non ha alcun senso logico. Perché le cose sono cambiate nel territorio come anche le modalità di utilizzo che ne fanno le persone.

Non esistono ricette.

La questione non è semplice.

Forse ha più senso pensare ad un metodo piuttosto che dare soluzioni istantanee partendo da un principio. La riqualificazione della ex piscina va pensata in relazione a tutta l’area sportiva, prima di tutto come occasione per valorizzare la zona espansione levante (le casenove). Questa è l’unica riserva di abitati della città. Qui mancano servizi e spazi pubblici. Le aree gioco bimbi e i giardini pubblici sono spesso posizionati in scarpate con forti pendenze. I marciapiedi sono insufficienti e poco adatti a persone disabili. Allora la zona sportiva non può diventare prioritariamente un nuovo spazio pubblico per questa parte della città dormitorio?

Da un punto di vista operativo ci possono essere varie ipotesi da leggere anche in modo complementare che provo a semplificare al massimo:

1) Ascoltare cittadini e operatori per immaginare possibili scenari: un passaggio imprescindibile

Una strada potrebbe essere quella di avviare un percorso partecipato in modo strutturato per capire le esigenze degli abitati rispetto a questo luogo (comprendendo tutta l’area sportiva, anche il campo da tennis è in totale stato di abbandono) e le energie civiche interessate a riattivarlo.

Ad esempio, nella zona espansione levante mancano molti servizi e luoghi di aggregazione per i giovani. Questa può essere l’occasione per dare risposte oppure rileggere la vecchia piscina  in relazione al vicino monte Subasio?.

Parallelamente ascoltare il mercato, interagire con operatori locali e nazionali per comprendere le potenzialità e limiti di questo spazio da un punto di vista imprenditoriale e impostare possibili scenari di lavoro. Non ha senso spendere soldi con studi di fattibilità senza fare i conti con coloro che in futuro potranno gestire la struttura. È opportuno farsi un’idea da subito, tentando mettere insieme esigenze locali e necessità economico gestionali in cui il percorso di partecipazione diventa un modo per pensare già ad un possibile modello gestionale aperto a vari attori del territorio, compresi i cittadini.

2a) Potenziale riattivazione del luogo: via sperimentale partendo dallo stadio degli ulivi 

In base agli esiti del percorso partecipativo, una strada potrebbe essere quella di procedere in modo incrementale, un passo alla volta, provando a riaprire lo spazio con alcune iniziative culturali o sportive per sperimentare funzioni alternative e riportare l’attenzione su questo luogo. Ad esempio aprendo una parte dell’impianto in relazione al vicino stadio degli ulivi con investimenti minimi.

Le risorse possono essere attivate dall’ente locale, da sponsorizzazioni, donazioni private e raccolte direttamente dai cittadini attraverso azioni di crowdfunding. Questo non deve necessariamente prevedere l’apertura di una piscina. Il motto è ‘se ci teniamo tanto dobbiamo investirci in prima persona senza aspettare che lo faccia qualcun altro‘. Lato ente locale è opportuno mettere in chiaro quali spazi siano utilizzabili da subito con interventi minimi di messa in sicurezza e verificare le eventuali possibili destinazioni di uso. Il consolidamento delle attività è realizzabile via via nel tempo, attraverso bandi europei e regionali.

In Italia ci sono varie esperienze di questo tipo legate però a funzioni e spazi diversi.

Un modello interessante a pochi passi da Assisi è il recupero del cinema Postmodernissimo di Perugia oppure il progetto Casermarcheologica di San Sepolcro [2].

2b) Ricerca di investimenti e soluzioni strutturali: via classica

L’area della piscina va considerata insieme a tutto il complesso sportivo per essere sostenibile economicamente alla prova del tempo. Ma considerando la situazione territoriale attuale, non ha alcun senso fare un’altra piscina come prima, c’è già Bastia e tanti agriturismi per i turisti. Ci sono strutture consolidate nella piana utilizzate ormai da molte persone che senso ha agire ancora in modo competitivo e campanilistico?. Nessuno. 

Tuttavia se si vuole mantenere la funzione ‘piscina’  l’unica strada è provare ad immaginare tutto il complesso sportivo ad un’altra scala di attrattività, senza dimenticare i  servizi agli abitanti della zona levante. Ad esempio un impianto di livello nazionale con un taglio e respiro differente.  Ci sono tuttavia alti rischi e tempistiche incerte perché servono dei players con forte capacità gestionale e tempi lunghi di investimento pubblico-privato e realizzazione delle opere.

La concessione eventuale dell’area deve tenere conto infatti anche delle esigenze locali garantendo l’interesse pubblico. In altre parole, evitare l’operazione di svendita del patrimonio come successo alle nostre latitudini con il caro ex Arci di piazza Nova, unico luogo di ritrovo pubblico del quartiere. La questione potrebbe anche essere affrontata rinunciando alla funzione ‘piscina’ e ripensando  l’area come annessa al campo sportivo  potenziandone  le funzioni e servizi. Basti pensare, ad esempio, all’assenza cronica di parcheggi dello stadio, ma anche, come detto, alla mancanza di parchi e attrezzature per la zona espansione levante. 

Tornando dal particolare al generale, il punto fondamentale è l’assenza di una pianificazione integrata tra Bastia a Assisi. Se non cambiamo paradigma ci saranno altri casi simili alla piscina comunale anche in futuro. 

[1] vedi proposta pubblicata su https://altreconomia.it/una-collana-di-parchi-tra-perugia-bastia-e-assisi-a-difesa-del-suolo-umbro

[2] vedi articolo pubblicato su www.assisimia.it/2020/09/15/utopia-realizzabile

 

Francesco Berni

Urbanista. Consulente del Comune di Milano per progetti di rigenerazione urbana e innovazione sociale. Ho lavorato per enti pubblici e privati nel campo della progettazione e pianificazione urbanistica. Svolgo attività di studio e ricerca presso il Dipartimento di Architettura DIDA dell’Università degli Studi di Firenze su temi legati alla rigenerazione urbana, innovazione sociale e disegno della città. Appena posso però me ne torno tra i vicoli di Assisi.

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