03 Novembre 2022

Condividere per Partecipare

Luigi Penzo
Condividere per Partecipare

In questi giorni ho riletto un articolo di Andrea Volterrani (Università di Roma) in cui si specificano alcune interessanti note:

“A taluni può sembrare inutile e quasi dannoso porre il futuro dello sviluppo nelle mani delle persone e delle comunità che abitano …si tratta di rimuovere gli ostacoli che si incontrano che sono principalmente di natura culturale (sfiducia diffusa nella partecipazione e nei processi decisionali condivisi)…ma successivamente i processi partecipativi dovrebbero essere capaci di consentire esperienze sostenibili e durevoli nel tempo perché nate e cresciute insieme..”

Proprio questo concetto sto cercando di portarlo nelle lezioni di una Università Popolare, cercando di stimolare non solo l’ascolto della relazione ma anche il coinvolgimento con letture, recitazioni, poesie e dialogo gli stessi partecipanti, per arrivare alla fine del processo ad un incontro partecipato nonché inclusivo, che spesso apre nuovi orizzonti e nuove idee.

…e questo solo applicato in un contesto piccolo.

Oggi l’introduzione e l’utilizzo in forma massiva degli strumenti digitali ha causato cambiamenti profondi e complessi a molti livelli, con conseguenze culturali, sociali e psicologiche profonde, che spesso ci costringono a cercare queste forme di partecipazione nei social, nei messaggi, nei contatti di “amicizia”, per essere coinvolti in discussioni e forum lunghissimi, ecc…ecc.

Le crisi multidimensionali che stiamo affrontando in questo periodo, dall’epidemia, alla guerra, alla questione energetica, ci impongono una seria riflessione sull’attuale sistema sociale del Paese o Nazione, come si voglia chiamarla.

Il forum del terzo settore, in un suo report, sottolinea con forza l’importanza della co-programmazione e co-progettazione di interventi atti a valorizzare le tante esperienze già attuate nei territori, in progetti che considerino le persone e le comunità prima del profitto, lavorando in sinergia assieme.

Per molti di noi, diciamo “di una certa età” vi è dentro il ricordo di partecipazioni giovanili a vari movimenti, a discussioni infinite in sedi sociali o politiche, nelle piazze, in luoghi che sono stati abbandonati in questi decenni, le piazze delle nostre città, diventate nel frattempo solo parcheggi.

Ed i giovani, cosa ne pensano della partecipazione?

Secondo uno studio fatto su di loro, dal titolo Next Gen 2030, è venuto fuori un dato sorprendente, più del 70% pensa che nel futuro 2030 si vivrà meglio, in tanti ambiti: lavoro, sanità, istruzione, ambiente.

Questi giovani sono attenti a sostenere i loro sogni, hanno ideali chiari e hanno spazzato via tutti i pregiudizi.

Sul lavoro pensano che si andrà a lavorare in presenza pochi giorni la settimana, in aziende che saranno maggiormente attente al welfare del lavoratore.

Flessibilità, secondo loro significa poter vivere in modo dai ritmi, potersi esprimere, insomma mantenere la propria identità.

Non hanno l’ansia del posto fisso, sanno che il mondo del lavoro è cambiato, ma vogliono costruire un loro percorso. Ed in questo un ruolo determinante lo fa la nuova tecnologia, con strumenti innovativi, creati anche e soprattutto da loro, hanno fantasie, idee, soluzioni, magari che a noi non piacciono, ma che sono inseriti nel loro futuro (che noi non possiamo più misurare con i nostri indici).

Per la scuola, vogliono stare di più in spazi di aggregazione e di confronto sempre più aperti, in un ambiente che unisce la presenza in aula con la condivisione via web a distanza.

Negli stili di vita, vanno ben oltre certi schemi costituiti, senza discriminazione di genere o in base agli orientamenti sessuali.

Per l’ambiente sono pronti a scendere in piazza ad urlare fortemente la loro preoccupazione per un mondo che stiamo distruggendo. Si aspettano nuove tecniche di riutilizzo dei rifiuti, un traffico controllato digitalmente, con città più inclusive, con maggiori servizi, per le mamme, per i bambini, per gli anziani, per la disabilità.

Loro pensano che la creatività possa cambiare il mondo, restituendo dignità sia ai luoghi che alle persone.

Creatività, che bella parola, una parola che si deve allargare in tanti orizzonti; per esempio nel luogo dove abito, alcune librerie indipendenti si sono associate, (un po’ per contrastare il commercio via web che li sta danneggiando) ma soprattutto per la passione e l’amore per la comunità.

Attorno ad esse vogliono coinvolgere la città, invitare la gente a riscoprire il rapporto umano, la condivisione, la partecipazione, in uno scambio di esperienze e di reciproco sostegno. Da questa semplice idea sta nascendo un programma di idee, di iniziative stimolate, in un ruolo che dovrebbe essere riconosciuto di Presidio culturale.

Così come presidi culturali sono tanti luoghi, tante esperienze che viviamo, penso ad Assisi e penso al bellissimo lavoro del Teatro degli Instabili, nel far parlare “ogni angolo, ogni pietra”, nell’ “esplodere a colori”, nelle letture a teatro, nei laboratori diffusi.

Penso a tutti gli articoli pubblicati in questi anni in Assisi Mia, in un lavoro corale di sensibilizzazione e di amore per il luogo o meglio i luoghi della vita, per stimolare un nuovo senso di collettività, di appartenenza e di cura dello spazio, impegno condiviso per riuscire a risvegliare una fiducia generale sulla possibilità di cambiare rotta, anche dove sembra impossibile.

Luigi Penzo

Tecnico di Laboratorio Chimico, appassionato della mia città, dedico attività nell'Università Popolare e nel volontariato attivo da molti anni, studioso e ricercatore, con la passione del bene comune. Nel mio cuore un posto speciale ad Assisi, il mio luogo dell'anima.

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