01 Agosto 2021

Quanto ci mancherà Lucio Annibali

Paolo Mirti
Quanto ci mancherà Lucio Annibali

“A Paolo, Danese in erba (Danese era un famoso storico del calcio n.d.r.) da uno che di erba non ne ha più”. Ricordo perfettamente questa dedica che Lucio Annibali mi fece quando ero bambino nella prima pagina di un libro sulla storia dei campionati del mondo di calcio. C’era tutto Lucio in quelle poche righe: l’affetto verso le persone e l’irresistibile vocazione alla battuta ed al gioco di parole utilizzate magistralmente per non scivolare mai nella retorica. Con la morte di Lucio Annibali scompare un altro pezzo della storia di Assisi, un testimone degli anni della guerra ma soprattutto di quelli travolgenti della ricostruzione, nei quali tutto sembrava possibile ed a portata di mano. Nonostante non fosse un parente per me ed i miei fratelli è stato sempre lo zio Lucio, un componente aggiunto alla mia famiglia per l’amicizia fraterna che lo legava a mio padre. Le tappe di quell’amicizia tornavano spesso nei loro racconti come una specie di lessico familiare. Il tempo del Liceo Classico con le burle riservate ai professori come quella volta che portarono in classe per l’appello un asino fatto salire a fatica per le scale dell’edificio. Oppure le tormentate fasi del corteggiamento di mio padre a mia madre con Lucio che giurava di aver svolto un ruolo decisivo per far sbocciare l’amore con quella bella ragazza bastiola. O magari il giorno del matrimonio di Lucio, con Piero che si prese una sbornia colossale imprecando contro il destino che gli stava portando via il suo amico migliore. Per noi bambini lo zio Lucio era sinonimo di divertimento. Ci portava alle partite di calcio della squadra degli avvocati nelle quali scendeva in campo con alterna fortuna e poi era nella sua casa di Via Delle Rose che guardavamo in Tv le partite più importanti.

Del Calendimaggio lui che ne era stato tra gli inventori e tra i primi animatori interpretò lo spirito migliore: la goliardia, la sensibilità letteraria, lo sfottò elevato a sistema, il gusto dell’invettiva capace di arrestarsi un centimetro prima di diventare insulto fine a sé stesso. È stato un avvocato di talento apprezzato dai suoi colleghi ma questo non gli ha impedito di avere amicizie trasversali che abbracciavano persone di diversa estrazione sociale alle quali sapeva regalare la sua fertile umanità. E lui, che per indole e formazione culturale rifuggiva dalle appartenenze esclusive, coltivò soltanto due certezze: la fede anticomunista e la sua passione per la Juventus.

Ci mancherà Lucio Annibali, ci mancherà il suo disincanto affettuoso, la sua capacità di ascoltare, la vocazione a cantare fuori dal coro. E ci mancheranno quelle conversazioni nel caffè sotto i portici quando ti raccontava i personaggi dell’Assisi degli ultimi settanta anni con così tanto fascino e precisione che ti sembrava potessero sbucare in quel preciso momento in Piazza del Comune con le loro frasi e le loro piccole nevrosi.

Non concluderò questo pezzo con un finale retorico perché so che a lui non sarebbe piaciuto. Lo farò invece, anche perché mi sembra ahimè più in sintonia con lo spirito dei tempi, ricordando quella fulminante battuta che mi riservò qualche anno fa quando lo vidi partire mestamente per Perugia per assistere ad un concerto con musica di Mahler. “Ecco Paolo- mi salutò con un filo di voce- di Mahler in peggio”.

Paolo Mirti

Giornalista pubblicista è dirigente dell’area cultura del Comune di Senigallia. Nel 2007 ha pubblicato per Giuntina Editrice il romanzo storico “La Società delle Mandorle”. Nel 2016 ha curato per la Claudio Ciabochi editore la guida Assisi nascosta, camminando per la città di San Francesco.

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