16 Ottobre 2020

Le conciliazioni di Assisi

Paolo Mirti
Le conciliazioni di Assisi

Quel giorno del 1928 a Palazzo dei Priori con il Cardinale ed il fratello del duce

Sembra proprio che di fronte a svolte epocali ed a pericoli incombenti i vertici della Chiesa cattolica scelgano sempre Assisi come luogo nel quale progettare il cambiamento. È stato così per l’Enciclica “Fratelli Tutti” firmata ad Assisi da papa Francesco il 3 ottobre, con il suo appello all’accoglienza ed al rispetto della dignità umana contro i rischi dell’individualismo, del razzismo e del globalismo. E fu così anche in un altro giorno sempre di inizio autunno nel quale emissari del Pontefice si ritrovarono all’ombra del Santo in una delicata missione per conto di Dio. Era la fine di settembre del 1928. Quella volta in ballo c’erano i confini territoriali del papato. Non, beninteso, la proprietà privata nell’accezione accolta da papa Francesco come un diritto secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati. No, si trattava molto più prosaicamente di raggiungere un accordo con lo Stato italiano per riconoscere quella sovranità della Chiesa lacerata dai bersaglieri di Vittorio Emanuele che entrarono a Roma dalla breccia di Porta Pia nel 1870 completando la riunificazione d’Italia e mettendo fine al potere temporale dei papi. Una ferita ancora aperta per il popolo di Dio che sembrava quasi impossibile ricucire. Ma agli occhi dei vertici ecclesiastici in quel momento a guidare l’Italia c’era l’uomo giusto per conseguire l’obiettivo della riappacificazione tra Cristo e Cesare: il duce Benito Mussolini. Giusto non certo per il fervore religioso che lo animava. Mussolini, che per buona parte della sua militanza politica aveva fatto dell’anticlericalismo una bandiera, era infatti lo stesso uomo che in gioventù, esule in Svizzera, durante un incontro pubblico con uomo di chiesa aveva concesso a Dio cinque minuti per manifestarsi, avvertendo che nel caso non lo avesse fatto avrebbe fornito una prova inconfutabile della sua inesistenza. Tuttavia il duce, che aveva trasformato la vecchia democrazia liberale in dittatura personale ed autoritaria, era un uomo di smisurata ambizione che sentiva a portata di mano uno storico accordo che lo avrebbe accreditato in modo solenne e definitivo all’interno del mondo cattolico.

Proprio alla luce di queste condizioni favorevoli l’iniziativa per avvicinare le parti fu presa da uno dei pezzi da novanta della gerarchia ecclesiastica: il Cardinale Rafael Merry del Val y Zulueta, già segretario di Stato di Pio X ed in passato ad un passo dal soglio di Pietro. L’episodio ci viene raccontato da Antonio Scurati nel bellissimo libro M l’uomo della provvidenza. Per riprendere in maniera serrata le trattative il cardinale convocò in gran segreto nel Palazzo dei Priori di Assisi nientedimeno che Arnaldo Mussolini, l’amato fratello minore del Duce, l’uomo mite della famiglia impegnato a Milano nel disperato tentativo di trasformare l’anima violenta del fascismo delle origini in una classe dirigente credibile e presentabile agli occhi del mondo. Arnaldo si presentò all’incontro di Assisi accompagnato dal gesuita Padre Tacchi Venturi, che spesso avevo svolto la sua attività di “facilitatore” nei rapporti tra il Duce e Papa Pio XI. La svolta all’incontro che si stava impantanando nelle reciproche schermaglie diplomatiche la diede proprio il cardinale Merry Del Val, grazie ad un vero e proprio colpo di teatro. L’alto prelato estrasse infatti dalla porpora una copia di My autobiography l’autobiografia di Mussolini appena pubblicata negli Stati Uniti e scritta da Arnaldo insieme alla dittatrice delle arti Margherita Sarfatti e da Luigi Barzini. Tradusse all’impronta e lesse a voce alta un brano che si riferiva ai propositi di riconciliazione tra Stato e Chiesa nel quale il duce ammetteva di non essersi mai illuso di riuscire a sanare un conflitto che coinvolgeva altissimi interessi e principi.

“Sua Santità- disse Merry Del Val rivolgendosi con tono enfatico e solenne al fratello del duce- ha colto in queste parole un desiderio di riappacificazione? Si è forse sbagliato”?

“No, non si è affatto sbagliato” fu la riposta di Arnaldo.

Il ghiaccio era rotto. Il cardinale si congedò impegnandosi ad inviare ad Arnaldo Mussolini una bozza d’accordo entro la fine dell’anno. La conciliazione era ormai ad un passo e venne consacrata pochi anni mesi più tardi, precisamente l’11 febbraio 1929, a Palazzo del Laterano. Con i patti del Laterano lo Stato italiano riconobbe alla Santa Sede la totale proprietà e il potere sovrano sulla città del Vaticano, sulle basiliche patriarcali, sui diversi edifici della Città Santa e sulla residenza estiva del Pontefice a Castel Gandolfo. In cambio il Papa rinunciò al potere temporale e riconobbe la sovranità di Casa Savoia sul Regno d’Italia.

Paolo Mirti

Giornalista pubblicista è dirigente dell’area cultura del Comune di Senigallia. Nel 2007 ha pubblicato per Giuntina Editrice il romanzo storico “La Società delle Mandorle”. Nel 2016 ha curato per la Claudio Ciabochi editore la guida Assisi nascosta, camminando per la città di San Francesco.

Seguici

www.assisimia.it si avvale dell'utilizzo di alcuni cookie per offrirti un'esperienza di navigazione migliore se vuoi saperne di più clicca qui [cliccando fuori da questo banner acconsenti all'uso dei cookie]