02 Agosto 2020

Una infuocata nostalgia della morte

Claudio Volpi
Una infuocata nostalgia della morte

Ancora Cesare Pavese.

Con le parole del grande psichiatra Eugenio Borgna,  tratte dal libro “Speranza e Disperazione”, andiamo ad analizzare alcune delle poesie di Cesare Pavese, cogliendo aspetti  dolorosi  e drammatici dell’animo del poeta, che lo porteranno al suicidio, ma che con le loro intuizioni le illuminano di una luce nuova, terribilmente moderna e attuale.’Il diario, le poesie, e le lettere di Cesare Pavese, sono una dolorosa e lacerante testimonianza di una storia della vita sigillata già nella adolescenza dalla nostalgia di una morte volontaria. Il venire meno della speranza mi sembra essere stato alla radice del suicidio di Cesare Pavese, che è avvenuto nell’agosto del 1950 , a Torino. Nelle lettere, nelle infinite lettere, che egli ha scritto, si parla di suicidio, e una di queste, scritta nel gennaio del 1927, a diciannove anni, è accompagnata da una poesia, che non si può leggere ancora oggi se non con timore e tremore, perché parla di suicidio con una angoscia e con una determinazione  radicali.

Sono andato una sera di dicembre
Per una strada buia di campagna,
tutta deserta, col cuore in tumulto.
Avevo dietro me una rivoltella.
Quando fui certo d’essere ben lontano
D’ogni abitato, l’ho rivolta a terra
Ed ho premuto
.…
Così, andando,
tra gli alberi spogliati, immaginavo
il sussulto tremendo che darà
nella notte che l’ultima illusione
e i timori mi avranno abbandonato
e me l’appoggerò contro una tempia
per spaccarmi il cervello.

“Cosa dire di queste parole dolorose e strazianti che testimoniano con apparente freddezza di pensieri indirizzati alla scelta di una morte volontaria nel cuore di una adolescenza ferita da questa improvvisa disperazione che non si sarebbe mai più inaridita? Mi chiedo, e mi sono sempre chiesto, se questa nostalgia della morte, questo deserto della speranza, abbia accompagnato Pavese nella sua giovinezza, e nella sua età adulta, o se abbia avuto nel corso della sua vita accensioni e assopimenti che si sono infine concretati nel suicidio. … “. Le poesie che poi egli scriverà molti anni dopo, fra il marzo e l’aprile del 1950, testimoniano di una ardente e infuocata nostalgia della morte. La poesia più bella e famosa, quella del 22 marzo, “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, l’abbiamo proposta nell’ ultima rubrica. “Di chi sono gli occhi della morte, che ostinata ci accompagna dal mattino alla sera? Sono gli occhi della persona amata quelli che ogni mattina Pavese vedeva riflessi nello specchio? Non lo so, ma la speranza, che egli chiama cara, non è se non dolorosa illusione. Un’altra poesia, “You , wind of March”, scritta il 25 marzo, vorrei citare nella sua arcana bellezza, e nelle sue laceranti risonanze emozionali:

Sei la vita e la morte.
Sei venuta di marzo
Sulla terra nuda-
Il tuo brivido dura.
Sangue di primavera
-anemone o nube-
Il tuo passo leggero
Ha violato la terra.
Ricomincia il dolore.
Il tuo passo leggero
Ha riaperto il dolore.
Era fredda la terra
Sotto povero cielo,
Era immobile e chiusa
In un torpido sogno,
come chi più non soffre.
Anche il gelo era dolce
Dentro il cuore profondo.
Tra la vita e la morte
La speranza taceva.
Ora ha una voce e un sangue
Ogni cosa che vive.
Ora la terra e il cielo
Sono un brivido forte,
la speranza li torce,
li sconvolge il mattino,
li sommerge il tuo passo,
il tuo fiato d’aurora.
Sangue di primavera,
tutta la terra trema
di un antico tremore.
Hai riaperto il dolore.
Sei la vita e la morte.
Sopra la terra nuda
Sei passata leggera
Come rondine o nube,
e il torrente del cuore
si è ridestato e irrompe
e si specchia nel cielo
e rispecchia le cose-
e le cose, nel cielo e nel cuore,
soffrono e si contorcono
nell’attesa di te.
E’ il mattino, è l’aurora,
sangue di primavera,
tu hai violato la terra.
La speranza si torce,
e ti attende e ti chiama.
Sei la vita e la morte.
Il tuo passo è leggero.

Una poesia nella quale la tristezza di vivere e di morire, la nostalgia della persona mata, sono rievocate da parole leggere e cantanti, quasi adolescenziali, ma in fondo rassegnate al destino di dolore. Cosa dire dei versi che parlano della speranza che si torce, e che attende e chiama? La nostalgia della speranza non è stata del tutto estranea alla immaginazione di Pavese? Non meno bella , e non meno disperata, è una poesia del 4 aprile che ha il titolo ‘The night you slept’:

Anche la notte ti somiglia,
la notte remota che piange
muta, dentro il cuore profondo,
e le stelle passano stanche.
Una guancia tocca una  guancia-
È un brivido freddo, qualcuno
Si dibatte e t’implora, solo,
sperduto in te, nella tua febbre.
La notte soffre e anela l’alba,
povero cuore che sussulti.
O viso chiuso, buia angoscia,
febbre che rattristi le stelle,
c’è chi come te attende l’alba
scrutando il tuo viso in silenzio.
Sei distesa sotto la notte
Come un chiuso orizzonte morto.
Povero cuore che sussulti,
un giorno lontano eri l’alba.

Anche questa poesia, dedicata a Constance Dowling, è percorsa da immagini luminose e nostalgiche nelle quali si rispecchia l’ombra della morte desiderata. Sono immagini struggenti, e di una tenerezza ferita: le stelle stanche, la notte che piange, il povero cuore che sussulta. Ma la imminenza della morte ne ha addolcite le ferite dell’anima. L’ultima poesia è stata scritta ad aprile, in lingua  inglese, “Last Blues, to be read some day”, e qui la citiamo con i versi finali tradotti da Italo Calvino:

E’ stato solo un flirt
Tu certamente lo sapevi-
Qualcuno si è ferito
Molto tempo fa.
E tutto uguale
Il tempo è andato-
Un giorno sei arrivata
Un giorno morirai.
Qualcuno è morto
Tanto tempo fa-
Qualcuno che tentò
Ma non seppe.

In questa poesia, nelle sue scansioni tematiche, oscure e talora indecifrabili, mi sembra di cogliere le tracce di una angoscia della morte temuta e desiderata, lontana e vicina, immaginata e ormai imminente”.

Poesie comunque certamente bellissime.

Claudio Volpi

Nato ad Assisi, dove vive e lavora. Laureato in Lettere Moderne, si occupa di Arte e Antiquariato, ha una Galleria D’Arte nel centro storico della città. Dagli anni ottanta ha pubblicato diverse raccolte di poesie, l’ultima quest’anno con il volume “Voci Versate”, Casa Editrice Pagine Roma.

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