“La storia della musica medievale è la storia della musica scritta” rilevava Nino Pirrotta in uno dei suoi scritti più celebri additando il grande convitato di pietra della musicologia storica: l’impossibilità di ricostruire su basi documentarie la carne e il sangue di qualsiasi musica in qualsiasi tempo, ciò che di essa è affidato alla circostanza performativa, all’esperienza aurale-orale, al fatto insomma che qualcuno la suoni al cospetto di qualcun altro. Tutto quello che sappiamo veramente della musica del medioevo lo dobbiamo infatti, non tanto all’invenzione, quanto alla proliferazione di una peculiare tecnologia di conservazione della cultura: la notazione musicale. Le forme di scrittura musicale medievali più antiche di cui siamo a conoscenza provengono da contesti liturgici e ciò non deve sorprenderci: scrivere la musica ha la funzione di organizzare e tramandare il repertorio che accompagna la funzione religiosa, vuole essere un’estensione della memoria ancora acerba dei novizi, dota insomma la schola cantorum di un inestimabile strumento pedagogico. Queste forme arcaiche di notazione musicale sono sostanzialmente indecifrabili anche per il musicista moderno più avvezzo all’uso dello spartito e i loro segni grafici, a differenza dei caratteri alfabetici su cui sono apposti, non suscitano in noi alcuna familiarità. Assomigliano piuttosto ai ghirigori di certe scritture cuneiformi e, proprio come la traccia di una lingua morta, ci appaiono alieni e misteriosi. Essere in grado di leggerli implica una conoscenza pregressa della melodia in questione, non prescrivono infatti una precisa sequenza di suoni ma ne descrivono il contenuto interpretativo, il “gesto” musicale, l’aspetto più poetico e sottile della musica stessa, non il “cosa” bensì il “come”. Certa manualistica prova a tracciare un progresso lineare che da questi antichi segni conduce fino ai giorni nostri ma considerare le notazioni antiche incarnazioni rozze e primitive di uno strumento che ora avremmo finalmente perfezionato nasconde un pregiudizio evoluzionistico. Al contrario, le tecniche di scrittura musicale antiche rappresentano una pluralità di invenzioni geniali e raffinatissime, perfettamente coerenti e funzionali al tempo e al mondo in cui vennero adoperate.