Cominciamo questa serie di brevi riflessioni sulla musica del medioevo europeo in cui ci occuperemo nei prossimi mesi delle sue forme contemporanee, dello stato della ricerca artistica e musicologica, delle ragioni e le ispirazioni dei suoi protagonisti di allora e di oggi. Il concetto di “musica antica”, intesa come l’insieme di tutte le avventure artistiche volte a ricostruire più o meno fedelmente le musiche del passato e il loro suono perduto, va probabilmente interpretata nel solco di una certa visione del mondo non necessariamente condivisa da culture diverse dalla nostra. Le tradizioni musicali non occidentali non sono certo avare di repertori antichi e materiali musicali databili perfino nell’età di mezzo, tuttavia nessun musicista indiano, arabo o iraniano si è fatto o si farà alcuno scrupolo nell’eseguirli con gli strumenti e il gusto musicale del suo tempo: con le parole di un maestro di Istanbul, “la musica è tutta antica”. Questa differenza sostanziale ci permette di considerare l’Early Music come un fatto singolare figlio della nostra condizione di occidentali, una sfumatura del rapportarci alla storia dalla prospettiva di “moderni” pronti a giustificarla, comprenderla, periodizzarla e infine guardarla da lontano. È forse proprio in questa frettolosa, automatica presa di distanza da quel tempo lontano e dagli uomini che lo hanno abitato che l’esigenza di rievocarne la musica trova un suo primo movente: impoveriti da un sentimento di estraneità al passato, vogliamo permettere al rimosso di tornare.
Per approfondire:
Daniel Leech-Wilkinson “The Modern Invention of Medieval Music”
