03 Luglio 2025

Parole parole parole

Elvio Lunghi
Parole parole parole

Dopo aver rapidamente accennato ai costumi raffinati del giovane e alla mercatura esercitata nella bottega paterna, la Legenda Maior racconta come un giorno un uomo semplice, ispirato da Dio, stese in terra un mantello al passaggio di Francesco, predicendogli grandi imprese. Francesco, che ignorava il disegno fatto da Dio sopra di lui, non mutò la condotta di vita sino ad allora seguita, quando per volontà divina cadde malato. Una volta guarito s’imbatté in un cavaliere povero e malvestito, subito si spogliò dei suoi abiti e lo rivestì. La notte seguente gli apparve in sogno un palazzo colmo di armi col segno di croce, che interpretò come un invito a prendere anche lui la croce. Decise allora di recarsi al seguito di un nobile in Puglia, in quel tempo il porto di partenza per la Terrasanta, ma arrivato alla città più vicina tornò indietro. Un giorno nei dintorni di Assisi s’imbatté in un lebbroso, ne ebbe pietà e decise di dedicarsi alla cura dei poveri malati, per poi passare al restauro di chiese in rovina. Incontro con il lebbroso a parte, il programma iconografico nella navata della chiesa papale segue alla lettera queste righe iniziali del racconto di san Bonaventura, con i tre episodi della prima campata divisi tra l’omaggio del semplice, il dono del mantello a un cavaliere povero e il sogno di un palazzo colmo d’armi. Nessuno sollevò obiezioni su questa scelta, fin quando nel 1864 Giovanni Battista Cavalcaselle, pittore fallito passato allo studio della storia dell’arte, osservò che il primo episodio era stato dipinto dallo stesso pittore delle ultime storie sulla parete opposta, identificandolo in Giotto, mentre i quadri seguenti erano dei pittori antiquati delle storie bibliche nella metà superiore delle pareti. Dopo Cavalcaselle altri studiosi cercarono di giustificare questa inspiegabile interruzione: chi propose che il lavoro era partito dal secondo quadro per la presenza di un pontile divisorio tra presbiterio e navata; chi invece ipotizzò che l’omaggio del semplice avesse preso il posto di un diverso episodio della vita del santo, ma quale episodio?; chi insistè sul riconoscimento della piazza dove si era svolto l’omaggio; chi infine si divise se attribuire una espressione positiva o negativa allo sguardo dei personaggi che compaiono sullo sfondo. «Verba volant scripta manent», parole parole parole, parole soltanto parole, parole tra noi. Quante chiacchiere sono state spese per spiegare un dipinto dove compare un giovane che attraversa una piazza attirando la simpatia dei presenti. Un giovane inquieto che non sa cosa fare della sua vita, che fa sogni di gloria, ma non sa decidersi se fermarsi o partire, partire per dove? C’è di vero che questi quadri con la vita di un uomo furono dipinti diverse generazioni dopo i fatti narrati, quando i diretti testimoni erano tutti morti e il contesto storico profondamente mutato. Più che una cronaca veritiera sono immagini di propaganda, volute da un papa che apparteneva alla famiglia francescana, ma che soprattutto era stato testimone della fine di un sogno, la riconquista cristiana della Terra Santa, con la caduta di San Giovanni Acri nel 1291 e la cacciata dei crociati all’avanzare dei musulmani. Non sarà stato nelle intenzioni di san Bonaventura, ma chi può negare che fra Girolamo da Ascoli, diventato papa col nome di Niccolò IV, abbia approvato la scelta di rappresentare la vita di Francesco partendo dal suo sogno di prendere la croce? Parole parole parole, parole soltanto parole: e se invece fossero parabole con un significato nascosto da svelare? La parola che Francesco utilizzerà come un talismano sarà «Pace e bene a voi». Francesco parlerà di pace persino con un sultano d’Egitto, dove aveva raggiunto i crociati impegnati a combattere armi in pugno una guerra che chiamavano santa. Pace e bene a voi è la scelta di Francesco, ma è anche un modo per sciogliere i nodi intrecciati dal fragore delle armi. Negli stessi anni impegnati da Giotto, o da chi per lui, nel dipingere queste storie sulle pareti della chiesa di Assisi, uno scultore scolpì per il transetto d’ingresso alla tomba del santo un monumento funebre in onore del re crociato che aveva accolto Francesco nei regni d’oltremare. Per dirlo con le parole di Paolo a Timoteo: «Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede».

Elvio Lunghi

Insegnante pensionato non ha perso il vizio di raccontare storie

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