11 Dicembre 2020

Paesaggi, panorami, mortai: Subasio

Giuseppe Bambini
Paesaggi, panorami, mortai: Subasio

“…città, villaggi, castelli, chiese, casolari, fiumi, torrenti, selve azzurre, vette solitarie, pingui pasture, gentili oliveti, piani laboriosi appaiono dall’alto come nell’incanto di una visione…” (Arnaldo Fortini).

Durante la stagione invernale può capitare di avere giornale fredde e soleggiate, con leggero vento di tramontana che rende l’aria cristallina con una altissima definizione dei panorami; stesso risultato quando in pianura stazione la nebbia, in quota splende il sole e si verifica il fenomeno dell’inversione termina, la temperatura al monte è più alta che al piano; oppure durante la bella stagione dopo un temporale o in assenza di foschia. Queste sono le condizioni ideali per percorrere la  più panoramica delle escursioni sul Sacro Subasio, senza essere nel contempo particolarmente impegnativa; abbigliamento comodo e adeguato alla stagione, scarponi adatti a sentieri montani; questi i dati:

distanza: 10.3 km
dislivello complessivo salita: 390 m
dislivello complessivo discesa: 390 m
quota massima: 1290 m
quota minima: 1059 m
durata stimata: almeno 4 ore più le soste
7.5 km di strada stretta e tortuosa separano Piazza Matteotti (445 m) dal parcheggio Stazzi (1070 m), che si raggiunge in auto in meno di 15 minuti.

Dal parcheggio Stazzi (1070 m) si inizia a camminare lungo la strada che sale verso monte, percorsi 400 m la si lascia per imboccare a sinistra (1110 m) strada forestale sbarrata da cancello e segnalata da cartello che ne vieta il transito.
Ora in piano piano per circa 500 m a incrociare il sentiero CAI 361, qui un minimo di attenzione perché occorre lasciare lo stradello per svoltare a destra lungo un sentiero erboso inizialmente non molto evidente, ma poi ben indicato da pietre con segnavia bianco-rossi, giungendo al “pozzetto di prato pistello” (1180 m) – il primo dei tanti fenomeni carsici che osserveremo – protetto da tubi metallici; tenendosi alla destra dello stesso e sempre seguendo la traccia ora ben evidente si tocca un abbeveratoio (1235 m).
Qui una breve sosta per ammirare (N) la valle del Tescio che si distende sotto di noi e consente di avere un esempio cristallino di paesaggio culturale, risultato dell’interazione di fattori naturali e umani.
Seguendo i segnavia 361 si sale placidamente al punto più alto dell’itinerario.
Siamo sulla vetta geografica del Subasio (1290 m), un bel cippo di scaglia rossa è lì a ricordarlo, mentre pannelli ai quattro punti cardinali consentono di dare un nome e una quota ai monti in lontananza, tutto intorno panorami infiniti sul centro Italia; l’inopportuna citazione “fossa cieca” è sbagliata e si riferisce a una dolina – altro fenomeno carsico – distante 150 m scendendo (W-S-W) in direzione della strada panoramica, facilmente riconoscibile in quanto al centro vi è stata realizzata una grande cisterna.


Dalla vetta si scende (S-E) alla sella (1240 m), poi si sale alle antenne (1284 m) che si lasciano sulla destra, ora si scende alla sottostante strada panoramica e senza traversarla si segue la recinzione (segnavia CAI 350) giungendo alla statua in bronzo “il vento” (1245 m).
Qui uno stradello in leggera discesa traversa un impluvio e risale in breve ai mortai – i fenomeni carsici più appariscenti e spettacolari del monte, “doline” è il termine geologico – così denominate per la loro forma che li fa somigliare a tali arnesi da cucina, però non cercate il pestello, che non c’è!
Il “mortaro grande” – “mortarium vetus” nei documenti medievali – è la dolina più ampia e suggestiva del monte, completamente rivestita di manto  erboso, con faggeta nel versante più in alto; il perimetro è ellittico con orientamento N-W/S-E e asse maggiore lungo 280 m, il fondo scende a 1186 m, mentre il bordo non ha una altezza costante, per cui la profondità varia a seconda dal punto da cui si calcola, mediamente oscilla dai 50 ai 70 m; il fondo può essere facilmente raggiunto tramite facile sentiero ben visibile percorrendo il bordo.

Il “mortaro piccolo” o “mortaiolo” di forma conica, ha un diametro di 70 m, le pareti molto ripide – anch’esse rivestite di pascolo – ne sconsigliano assolutamente la discesa al fondo.
Poche decine di metri a valle del “mortaiolo” sarà facile notare una terza dolina molto più piccola a piatto, poco profonda e ricoperta di terra fertilissima.
Si continua costeggiando il bordo del mortaro grande, si lasciano i segnavia 350 e si sale ripidamente a fianco della faggeta che delimita la parte superiore del “mortaro grande” giungendo alla cima del monte Civitelle (1270 m) dove il nome, un perimetro di pietre circolari e un vallo appena accennato sono là a ricordare un probabile insediamento pre-romano: castelliere umbro datato V sec a.C. dal quale la vista spazia all’infinito; si notano pure inopportuni scassi di cercatori di bronzetti, ma pensa te!
Si scende (N-W) alla strada panoramica e di nuovo alla statua “il vento” dove si ritrovano i segnavia 350 che si seguono sul percorso dell’andata fino a incrociare il punto in cui il segnavia traversa la strada panoramica, la costeggia e poi se ne stacca in marcata discesa, traversa un impluvio e su sentiero  ben marcato (W) scende alla “croce di  sasso piano” (1100 m) già visibile in lontananza.

Questo magnifico balcone panoramico invita a una sosta il viandante; il perfetto reticolo dei coltivi nella sottostante valle umbra risente, nella sua ordinata geometria, dell’inerzia della grande centuriazione romana di Spello, eppure di secoli ne sono passati, ma la nostra – si sa – è terra antica.
Ripreso il segnavia 350 (N) si entra in un valloncello che attraversa la grandissima depressione carsica di Vallonica, per avere una idea delle dimensioni guardate verso monte. Si rasenta un abbeveratoio (1066 m),

giungendo in breve al rifugio Vallonica (1059 m), notare sulla sinistra il fitto rimboschimento di resinose; poco dopo si lascia il segnavia 350 (che scende a sinistra all’Eremo delle Carceri) proseguendo su comodo stradello in leggera salita (1090 m), per poi giungere in breve al parcheggio stazzi (1070 m) già visibile in lontananza.
Un po’ stanchi forse, ma con quella sana adrenalina che immancabile ti avvolge dopo una magnifica camminata di questo tipo, che ha il pregio di attenuare notevolmente – annullare del tutto è impossibile – le immancabili criticità della vita quotidiana. Garantito!

Scarica il percorso dell’itinerario

Giuseppe Bambini

Viandante per antiche terre Umbre

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