Salendo per la via San Francesco s’incontra in uno slargo l’Oratorio dei Pellegrini, una piccola cappella che serviva un ospedale destinato ad accogliere i pellegrini di passaggio ad Assisi nel cammino verso Santiago di Compostella, città della Galizia che conservava le reliquie dell’apostolo Giacomo. Accanto all’ospedale nel 1457 fu costruita una cappella per il servizio religioso dei pellegrini e nel 1468 ne fu decorata la fronte esterna. Quale fosse l’aspetto del dipinto prima della rovina odierna lo sappiamo grazie alla descrizione che ne fece nel 1869 Luigi Carattoli: «Sopra la porta esterna è la parete tutta dipinta a fresco in campo azzurro. Opera di Matteo da Gualdo rappresentante nel centro Cristo seduto circondato da otto angeli. In basso è S. Antonio e S. Giacomo apostolo, sopra le cui teste sono quattro angeli reggenti cartelle. Questo dipinto è circoscritto da una cornice architettonica ben dipinta. Nella sommità della medesima si vedono otto angeli seduti in atto di sonare e di cantare. Questo affresco è nel massimo deperimento, e si dovrebbe prontamente distaccare. Appresso a questo si vedono nella via i resti d’un altro affresco perduto». Con una differente grafia la parte finale della frase fu sostituita dalle seguenti parole: «Merita pronta riparazione. A destra dell’ingresso vedonsi i frammenti di un S. Cristoforo di proporzioni gigantesche, opera dell’istesso artefice e porta la data 1478» (sic!). San Cristoforo era il protettore dei viandanti.
Il nome Matteo da Gualdo e la data non sono più leggibili sulla fronte esterna, ma la loro presenza all’interno dell’oratorio è bastata a collegare la vicenda critica della facciata con i dipinti della parete d’altare, nonostante il pessimo stato di conservazione dell’affresco esterno per l’usura provocata dagli agenti atmosferici e dai volatili. Le parti meglio conservate sono le figure degli angeli musicanti tra le mensole della tettoia, quelle più belle sono gli angeli che volano intorno all’immagine del Cristo suonando strumenti musicali e cantando a libro. Il dipinto ha un indubbio interesse per la sua rarità, essendo l’unico superstite – salvo i frammenti di una decorazione trecentesca nel portico dell’Ospedale della Misericordia – dei numerosi affreschi esterni che decoravano le facciate delle case lungo la strada che collegava la piazza di San Francesco alla porta urbica delle mura romane.
Nell’immagine del Redentore Matteo da Gualdo seguì il precedente dei rilievi di Agostino di Duccio nell’Oratorio di San Bernardino a Perugia, che risale agli anni immediatamente precedenti (1461) e con il quale ebbe inizio a Perugia la stagione del secondo Rinascimento, destinata a mutare le sorti dell’arte nell’intera regione con le sue architetture fiabesche popolate da figure aggraziate e dolcissime. Lo stato pietoso in cui si trovano i dipinti di Matteo da Gualdo non rende giustizia all’importanza storica di questa facciata dipinta, vera culla del Rinascimento ad Assisi e dichiarata dallo storico di Assisi Antonio Cristofani (1884) il «più nobile e prezioso monumento d’Arte che dopo la francescana Basilica abbellì la patria nostra». La scelta della pittura murale anziché della scultura monumentale è una conseguenza delle minori disponibilità economiche di Assisi rispetto alla città dominante Perugia, ma è pur sempre un segno dell’importanza attribuita in questo frangente storico a Matteo da Gualdo: pittore aspro e vigoroso ma dotato di una sua maniera “forte”, capace di interpretare il clima drammatico vissuto in città negli anni seguiti al sacco di Niccolò Piccinino (1442).