13 Febbraio 2023

La turistificazione del centro storico di Assisi. Da spazio insediativo stabile a spazio ricettivo temporaneo

Alessio Mariucci
La turistificazione del centro storico di Assisi. Da spazio insediativo stabile a spazio ricettivo temporaneo

Un ragionamento solido sulla consistenza economica, demografica, sociale e del patrimonio fisico del centro storico di Assisi oggi non può non prendere atto dell’effetto che ha avuto su di esso l’evoluzione del fenomeno turistico.

L’integralismo che caratterizza il dibattito sugli usi turistici del centro storico e lo spopolamento che lo interessa difficilmente permette di entrare negli aspetti quantitativi e qualitativi che li caratterizza e ancora meno una trattazione intellettualmente onesta sugli aspetti che li trovano in diretta relazione.

La crisi che dalla seconda metà del secolo scorso investe la città storica presenta caratteristiche che potrebbero distrarla dal normale ciclo di investimento e disinvestimento che aveva accompagnato le dinamiche cicliche insediative dentro/fuori le mura[1] nel corso dei secoli. Nuove tecnologie hanno dato risposte a nuove esigenze e modalità di consumo che hanno progressivamente fatto venire meno la sua funzione di ambito residenziale e produttivo, luogo di scambio, istituto culturale e spirituale, presidio democratico. La perdita degli usi ha allentato i legami sociali e le dinamiche speculative unite alla mercificazione dello spazio pubblico hanno sancito il definitivo divaricamento dei concetti di urbs, civitas e polis (Salzano, 2009).

I fenomeni di sostituzione delle funzioni abitative con quelle ricettive turistiche arrivano in ogni caso a latere o comunque in conclusione di un processo di tassidermia del manufatto urbano che deve le sue cause ad aspetti economici e sociali radicati all’interno del modello di sviluppo della società occidentale e italiana in particolare. Queste hanno riempito uno spazio che era stato prima sapientemente svuotato dal mercato ancora più che dal tempo, armato da una politica come minimo inerme quando non corriva che ha barattato una forma urbana compatta, inscritta in una naturalità addomesticata ma fertile e produttiva, con una energivora che dissemina incoscientemente pezzi di città sul territorio, frammentando le distanze fisiche tra le cose e ingigantendo quelle tra le persone.

Il centro storico assisano si trova in una condizione di spopolamento strutturale ben raccontato dal disaccoppiamento dei valori di occupazione del patrimonio abitativo del centro storico registrato da Astengo, 1134 alloggi di cui solo 14 non occupati, con quelli riportati dall’ultimo censimento delle popolazioni e delle abitazioni effettuato dall’ISTAT nel 2011, che ne restituisce un terzo delle case vuote (469 abitazioni su 1438).

Se con l’ingresso dell’industria turistica nella città occidentale l’organizzazione dello spazio viene riplasmata, la particolare struttura dell’attrazione centro storico delle città d’arte di medie dimensioni e di Assisi in particolare fa sì che il distretto monofunzionale turistico finisca per ricoprirla interamente. La sovrapposizione di residenti e visitanti vi porta a una compresenza di due differenti dimensioni di bisogni che si “sfiorano senza toccarsi” (Park, 1925).  Questi rappresentano categorie concorrenti in quanto uno dei parametri che inquadrano l’esperienza turistica, già definiti da Goffman, è la sospensione di tutti quei comportamenti che definiscono il ruolo nella vita quotidiana del residente. La corrispondenza tra esigenze di visitatori e ospitanti si riduce al massimo a un segmento di servizi, localizzato per altro nella fascia alta di spesa.

In un’area in cui entrambi competono sul mercato per l’utilizzo della risorsa locale e questa è lo spazio al cuore dell’attrazione, si verificherà il fenomeno dello spiazzamento : il fatto che la domanda di servizi turistici incrementi la quota di reddito a esse destinato in modo maggiore rispetto agli altri servizi non turistici, unita al fatto che i prezzi dei secondi sono sempre più legati alle logiche del mercato globale mentre i primi sono determinati localmente con la funzione di domanda stabilita dalla massima disponibilità a pagare dei turisti, comporta la loro progressiva sostituzione.

La contestazione dell’apertura deliberata agli usi turistici del centro storico assisano, oltre a quelli speculativi e industriali della piana, è stata uno dei fattori scatenanti la mobilitazione dell’imprenditori locale e le conseguenti pressioni culminate con la rigettazione del primo Piano Regolatore di Assisi di Giovanni Astengo, nel 1959. Il fenomeno turistico vi entra infatti in modo determinante in quanto al centro delle accuse mosse al progettista vi è una visione dello sviluppo economico dell’assisano troppo legata all’aspetto agricolo e artigianale, che si traduceva nelle severe misure di tutela delle trasformazioni della piana, ma soprattutto tralasciava di considerare le attrezzature complementari al Turismo e le “responsabilità incombenti sulla città nella sua missione di Città spirituale (…) in aggiunta alla stupefacente assenza di ogni considerazione sul settore commerciale”[2].

La contrapposizione tra l’idea di uso della città da parte di chi è gravato della responsabilità di una visione di lungo termine che si fa per forza progettualità economica e chi si fa forte di una presunta “opinione generale della popolazione che non vuole accettare il Piano” [3]si gioca così sul terreno di una malposta questione sociale. Nella visione dell’architetto contenente e contenuto del territorio comunale e del centro storico in particolare verrebbero tutelatati controllando le trasformazioni indotte da quei settori dell’economia in forte espansione, per rivolgersi ad attività più compatibili con la preservazione dell’esistente e della sua naturalità. Una visione progettuale che trovava la “consequenzialità delle risoluzioni urbanistiche rispetto alla correlazione tra divenire dei fenomeni demografici e divenire dei fenomeni economici”[4]

I centri storici delle città europee e in particolare italiane costituiscono oggi un bacino di risorse che alimenta l’industria del patrimonio, da giocare nella competizione territoriale sul campo della valorizzazione turistica. Queste presentano particolari dinamiche economiche e spaziali descritte da leggi che si rifanno alla curva di domanda e il ciclo di vita del prodotto, rideclinate per la destinazione urbana. Tralasciando in questa sede considerazioni di carattere approfondito sul tema del cambiamento dell’offerta indotti dalla domanda, l’andamento della disponibilità a pagare in funzione dell’intensità d’uso della risorsa e il contenimento dei costi e la percezione di residenti e turisti, ci interessa sottolineare come inquesti contesti come ad  Assisi la casa sia oggi la risorsa al centro di un processo di sostituzione degli usi.

Rispetto ai rivolgimenti che nella storia hanno visto le popolazioni uscire e rientrare negli insediamenti originari, la turistificazione genera un repentino cambiamento della consistenza economica degli spazi abitativi in quanto si innalzano fortemente di quote di reddito che essa può produrre, moltiplicate dai servizi di sharing on-line. In mancanza di efficaci strumenti di redistribuzione della ricchezza e di compensazione delle esternalità, si inasproscono i processi gentrificativi legati alla rendita e il parallelo cambiamento definitivo degli usi.

Il fenomeno a Assisi è andato a incunearsi in quella che abbiamo visto era una grande disponibilità di abitazioni inutilizzate che sottendono una assoluta mancanza di politiche per il reinsediamento.

Per rimanere in epoca moderna la demografia cittadina aveva toccato il suo picco nel 1911 con 6029 abitanti con in crescita in epoca post-unitaria, per attestarsi ai 4542 nel 1956 a fronte di una crescita pressoché costante della residenza su base comunale, per poi essere descritta da una retta discendente a pendenza costante fino ai 1223 abitanti restituiti dalle sezioni di censimento ISTAT al 2011. A far da collettore alla nuova popolazione nel corso degli anni sono stati prima i centri montani e frazioni, l’area di espansione residenziale a ridosso del centro e lo straordinario sviluppo di Santa Maria degli Angeli a cominciare dagli anni ’60.

Nel corpo della storiografia urbana nazionale si registrano diversi istituti volti a dare una risposta all’annoso problema dell’abbandono degli insediamenti storici, per mitigare gli effetti spaziali indotti da uno sviluppo economico incentrato prima sugli stabilimenti industriali e poi riposizionato sulla rendita urbana, con il reinvestimento nel circuito dell’edilizia e la conseguente deflagrazione della città diffusa. Uno degli ultimi esempi è stata l’introduzione dei Piani Urbani Complessi, volti a “operare un intervento su larga scala nel settore della riqualificazione urbana e migliorare le condizioni di vita degli abitanti dei centri storici, e degli insediamenti in genere” (Moriconi & Bruschi, 2013), e introdotto in Umbria con L.R. n.13/97.

Nei Quadri Strategici di Valorizzazione, strumenti individuati dalla L.R. n. 12/2008[5] e obbligatori per l’accesso a risorse finanziarie private e pubbliche per l’attuazione di interventi di reinsediamento e recupero negli Ambiti di Rivitalizzazione Prioritaria[6] individuati già allora nelle città murate, il comune di Assisi porta avanti una visione della rivitalizzazione della città storica totalmente sbilanciata su una valorizzazione come creazione di valore esclusivamente economico.

Negli istituti di tutela l’accresciuta dimensione percettiva estetica di questi contesti porterà alla loro assimilazione alla categoria di paesaggio, con uno slittamento verso una tutela che ne preserva il dato estetico a fronte di un progressivo svilimento dell’del ruolo dell’urbanistica come programmazione economica e sociale del territorio con finalità di interesse generale sul lungo periodo. Si genera così un distaccamento tra i manufatti costruiti e i destini delle comunità che vi abitano e anestetizzazione del dato politico (Farinelli, 2010) costituito dall’ambiente stesso come concetto ecologico.

Nel caso assisano i combinati disposti di patrimonializzazione, estetizzazione e valorizzazione sono stati attuati, sulla scorta di una norma regionale che elegge ha eletto i centri storici a “volano di sviluppo economico” basato sull’industria turistica e culturale, con il motore della terziarizzazione turistica del patrimonio abitativo rappresentato dalla sinergia di legislazione urbanistica e turistica totalmente prone allo sviluppismo.

Nel PRG vi è ribadita una concezione di mantenimento della destinazione residenziale del tutto strumentale e vi è riportato un controllo delle trasformazioni insediative all’interno e al piede del centro storico indotte dalle pressioni legate al turismo solo in ottica di mantenimento della percezione estetica del costruito[7]. In particolare gli interventi ammessi all’interno del Tessuto della Città Storica sono fissati ai fini della tutela delle caratteristiche morfologiche degli edifici[8], con interventi che, richiamando norma regionale[9] e nazionale[10] apre alla larghissima discrezionalità di operazioni per le opere interne concessa dalla Ristrutturazione Edilizia “limitata”[11] e cambio di destinazione d’uso, disciplinato dal simulacro degli usi compatibili stabiliti dal Codice.

La legislazione turistica regionale[12] dal canto suo mantiene il suo ruolo di catalizzatore dei processi di sviluppo economico attraverso il miglioramento dell’offerta ricettiva e la tutela della soddisfazione del turista, consentendo tra le altre cose il mantenimento della destinazione abitativa per tutto lo spettro di attività extralberghiere che entrano in diretta concorrenza con gli usi abitativi e gestioni possibili al di fuori del diritto di impresa, con blande limitazioni e modalità facilmente aggirabili, in un settore in straordinaria crescita che vede queste strutture sempre più sfuggire dal ruolo di mera integrazione del reddito familiare per dirottarsi verso una vera e propria industria diffusa  all’interno del tessuto residenziale cittadino. Le locazioni turistiche provenendo addirittura da una filiazione del codice di locazione civile mantengono oltre alla destinazione, tutte quelle agevolazioni introdotte per la tutela dell’aspetto residenziale, come la cedolare secca che con il DL50/2017 ha esteso il suo ambito di applicazioni alle locazioni brevi per i comodatari e in genere tutte le gestioni non imprenditoriali. Si effettua un passaggio evidente dallo spirito originario della norma che nasce con scopi residenziali, in quanto ideata originariamente per tutelare allo stesso tempo gli inquilini dall’eventuale aumento del canone in seguito all’aggiornamento degli indici ISTAT e il proprietario a livello di tassazione sulla rendita. Altro espetto dirimente è l’istituzione dello scopo della tassa di soggiorno, con un pervertimento originale della stessa ratio del provvedimento che risiedeva nella contribuzione del turista stesso ai maggiori costi ambientali (e sociali) indotti all’ente territoriale.

Il centro storico di Assisi risulta così turistificato secondo molti dei parametri stabiliti dall’economia turistica, che sia l’indice di funzione turistica di Defert, o la pressione turistica e la concentrazione turistica usati nelle stime di impatto dal Centro Studi Superiori sul Turismo, Agenzia Nazionale Turismo e ISTAT. Il numero complessivo dei posti letto turistici nel centro storico oggi raddoppia abbondantemente il numero dei residenti censito dall’ISTAT nel 2011 e che da allora prosegue nel trend di costante decremento. Pur rimanendo alle rilevazioni delle presenze statistiche, che fanno riferimento alle notti in strutture della città murata, sin dal post-terremoto ’97 vi si registrano un numero medio di turisti\giorno che sopravanza il numero dei residenti.

Dall’analisi della distibuzione spaziale degli esercizi riconducibili a affittanze turistiche e registrate negli elenchi regionale si conferma una annucleazione all’interno della città murata, secondo il noto fenomeno della centralità competitiva, che il post pandemia ci consegna addirittura accentuata. La variazione in percentuale delle STR nel post covid ne vede la crescita del 13,4% al calare del numero di esercizi su base comunale. A un calo delle STR nelle sezioni della città bassa, nell’area di Borgo San Pietro che mantengono ad oggi una buona tenita demografica, si contrappone una crescita degli affitti turistici che interessa le sezioni centrali contermini la Piazza del Comune, in parte coincidenti con le zona OMI ad alto valore immobiliare, certificandone la massima funzione turistica.

La percentuale di utilizzo del patrimonio abitativo[13] della città storica censito dall’iSTAT nel 2011  e destinato a fini ricettivi cresce nel triennio pandemico del 11,3% e, fatte le debite considerazioni sulla scala del fenomeno, è non lontano dai numeri registrati per i centri storici di note destinazioni italiane come Roma e Venezia[14], con una percentuale di abitazioni sul mercato dell’affitto breve stimato nel post pandemia del 13%, per valori nelle sezioni centrali che superano il 25%.

Si ha in conclusione una transizione da uno spazio insediativo stabile ad uno spazio ricettivo temporaneo (Salerno, 2020).  

“Come testo sociale, questa città storica […] prende l’aspetto di un documento, di un’esposizione, di un museo. […] Ormai è solo un oggetto di consumo per turisti” (Lefevbre, 1967)

Bibliografia

Astengo, G. (1958). Il Piano Regolatore Generale di Assisi. Urbanistica n.24-25, p. 10-132.

Calzolari, B. (1983). Hotel Subasio. Specchio dei tempi.

Farinelli, F. (2010). Estetizzazione e anestetizzazione. In C. Andriani, Il Patrimonio e l’Abitare.

Grohmann, A. (1989). Assisi.

Istat. (2020, settembre 17). CLASSIFICAZIONE DEI COMUNI IN BASE ALLA DENSITÀ TURISTICA. Tratto da Istat.it: https://www.istat.it/it/archivio/247191

Lefevbre, H. (1967). Le Droit à la ville.

Moriconi, G., & Bruschi, L. (2013). QUADRI STRATEGICI DI VALORIZZAZIONE. Idee, progetti, risoltati per i centri storici dell’Umbria.

Morvillo, A., & Becheri, E. (2020). Supplemento alla XXIII Edizione del Rapporto sul Turismo Italiano.

Nocifora, E. (2010). Turismo religioso e pellegrinaggio. Il caso romano. ROTUR/Revista de Ocio y Turismo Coruña 2010, Nº 3 , 181-194.

ONT. (2009). ONT, Il Turismo nelle città d’arte. Caratteristiche, tendenze e strategie di sviluppo.

Park, R. (1925). The city.

Salerno, G. M. (2020). Per una critica dell’economia turistica.

Salzano, E. (2009). Urbs, civita, polis: Le tre facce dell’urbano. In P. Bonora , & P. Cervellati, Per una nuova urbanità dopo l’alluvione immobiliarista (p. 113).


[1] Per una trattazione esaustiva della storia dei ciclici insediamenti dei gruppi sociali all’interno delle formazioni urbane vedi M.Barbagli e M.Pisati, Dentro e Fuori le Mura, Ed. Il Mulino

[2] Le motivazioni del Presidente dell’Azienda Autonoma del Turismo Giuseppe Meccoli, sui motivi di rigettazione del Piano astengo, riportata in Canali

[3] Dalle parole del sindaco, nel “Verbale della conferenza di servizi tenuta il giorno 11 marzo 1959”, citato in Canali

[4] Dalle parole dello stesso Astengo

[5] I QSV sono lo strumento principale di pianificazione strategica a carattere pluriennale finalizzata allo sviluppo delle attività e funzioni economiche, produttive, culturali, ricreative e di servizi, compatibili e coerenti per la rivitalizzazione e valorizzazione del centro storico e delle aree contermini (art.62 L.R. 1/2015 Testo Unico di Governo del Territorio). Tra gli obiettivi vi sono la creazione delle condizioni ambientali, sociali ed economiche per la permanenza o il reinserimento di famiglie residenti, il recupero edilizio ed urbanistico e riqualificazione architettonica e ambientale del patrimonio edilizio esistente, pubblico e privato (art.61 L.R. 1/2015 Testo Unico di Governo del Territorio)

[6] Gli ARP sono aree, delimitate dai comuni, prevalentemente all’interno dei centri storici, che presentano necessità di riqualificazione edilizia, urbanistico, ambientale, economico, sociale e funzionale e pertanto costituiscono luoghi prioritari da rivitalizzare (art.60 capo a, L.R. 1/2015 Testo Unico di Governo del Territorio)

[7] Art. 2.2.6 NTA PS

[8] Punto 6 art.3.2.2 NTA PS

[9] L.R, 1/2015 Testo Unico di Governo del Territorio

[10] Testo Unico dell’Edilizia (DPR  380/2001), con modifiche all’art.3 operate con emendamento contenuto nella manovra finanziaria (legge 96/2017) apre alla modifica della destinazione d’uso anche per immobili soggetti a tutela del Codice del Beni Culturali (fatto salvo il parere della Soprintendenza sull’uso).

[11] “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente (…) Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione anche con modifiche della superficie utile coperta, di sagoma ed area di sedime preesistenti, nell’inserimento di strutture in aggetto e balconi, senza comunque incremento del volume complessivo dell’edificio originario, fatte salve le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica (…)” (art.3 D.P.R. 380/2001, T.U.E)

[12] L.R. n°8 del 10 luglio 2017

[13] Per una stima ai fini statistici dell’incidenza delle STR sul patrimonio abitativo complessivo del centro storico è stata introdotta una categoria Abitazioni Equivalenti STR, tenendo conto della consistenza dimensionale delle diverse strutture ricettive in rapporto a quella delle abitazioni del centro storico. Ogni unità è assimilabile al singolo esercizio B&B e Affittacamere e alla singola unità per quanto riguarda le Locazioni Turistiche e gli Appartamenti per Vacanza.

[14] Vedi lo studio di Filippo Celata, Antonella Romano e Cristina Capineri su Affitti brevi e iper-turistificazione, presentato a Palazzo Vecchio a Firenze nel febbraio 2020 “abitazioni in affitto su AirBnB sul totale dello stock immobiliare nel centro storico di 8 città italiane”. La pubblicazione sul tema è in (PDF) Overtourism and online short-term rental platforms in Italian cities (researchgate.net)

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