27 Febbraio 2023

Assisi prima città dell’ecologia integrale

Paolo Berdini
Assisi prima città dell’ecologia integrale

L’odierno convegno organizzato da Assisi mia è un appuntamento di grande importanza perché siamo nel momento di conclusione delle restrizioni causate dal Covid 19 e i fenomeni che caratterizzavano le nostre città stanno riprendendo con sempre maggiore intensità. Assisi assiste in tal senso ad un aumento esponenziale delle presenze turistiche ed è presa d’assalto da un numero di persone che la città antica riesce a malapena a contenere. E’ certo un fattore positivo che le attività ricettive riprendano perché aiutano l’economia e le prospettive sociali. Ma è innegabile che il turismo di massa stia desertificando la città e che anche i pochi residenti rimasti nella città antica soffrano di crescenti difficoltà nella loro vita quotidiana.

In questo momento di passaggio è perciò fondamentale fermarsi a riflettere sulle modalità con cui la città nel suo insieme, e cioè con le sue frazioni e con il centro più popoloso di Santa Maria degli Angeli, possa orientarsi su una prospettiva rispettosa della storia dei luoghi e delle aspettative della popolazione. È venuto il momento di rendere concreta un’idea di città che segni una discontinuità con lo stato delle cose, così come è avvenuto per tre volte nella storia dell’Assisi moderna. La prima alla fine dell’800 quando “la modernità” e i primi investimenti nel turismo delinearono il futuro della città. La seconda incarnata dal sindaco-podestà Arnaldo Fortini che un secolo fa interpretò il futuro di Assisi attraverso la riscoperta del medioevo. La terza, infine, nell’immediato dopoguerra quando un illuminato urbanista, Giovanni Astengo, elaborò un piano urbanistico della città che ancora oggi è un esempio tra i più importanti nella storia urbanistica dei comuni italiani,

La modernità della fine dell’800. Nell’anno dell’annessione al Regno d’Italia (1868) vivono in Assisi 13.662 abitanti, quasi tutti concentrati nel centro antico. Nelle frazioni vivono infatti poche famiglie e Santa Maria è caratterizzata quasi soltanto dal monastero francescano. La prima modernità aveva però raggiunto Assisi già sotto la guida di Pio IX, quando venne inaugurata la stazione ferroviaria (1866). Nel 1882, per le celebrazioni del VII centenario della nascita di San Francesco, si mette mano al miglioramento del sistema viario con sventramenti mirati. Sono pochissime le città medievali che si sono salvate da questo strumento di intervento. In questo senso Assisi è stata fortunata è perché ne ha avuti pochi e limitati per dimensione (via del Ceppo della Catena –S. Stefano –oggi Mazzini; via Metastasio – Roma –oggi S. Gabriele, solo per limitarci ai più impostanti).

La modernità arriva anche con l’inaugurazione del giardino pubblico; con l’Ospedale civico lungo la via Superba; con la scuola tecnica e la biblioteca comunale. E, pochi anni più tardi, agli inizi del novecento arrivano anche i primi grandi alberghi (Giotto, 1903, Windsor; 1913). Deve essere infine sottolineato che sempre agli inizi del nuovo secolo si inaugura la importante stagione, ancora oggi tratto distintivo della Assisi contemporanea, di strutture conventuali e di accoglienza a carattere caritativo. Per le prime basti pensare ai monasteri di Santa Croce (1902), Santa Maria delle Rose (1904), Collegio missionario teologico (1911), Santa Maria Colette (1902). Per le seconde significative sono le esperienze dell’istituto benefico annesso a San Giacomo de Muro Rupto (1902) che affiancò l’istituzione dell’istituto Serafico nato nel 1871.

In buona sostanza, Assisi rafforza il suo ruolo spirituale e di servizio alle persone fragili, mentre inizia a delinearsi la rete di accessibilità ferroviaria e stradale. E conseguentemente l’uso turistico inizia il suo percorso. Sotto il profilo strettamente disciplinare, è importante sottolineare che i nuovi edifici sono caratterizzati dal linguaggio architettonico nuovo. La stratificazione degli stili con cui si realizzano le città non si è ancora interrotta.

Il futuro nel medioevo. Assisi di Arnaldo Fortini. Ci penserà l’ideologia medievalista che si afferma a partire degli anni ’20 del novecento, impersonata da Arnaldo Fortini, prima sindaco e poi incontrastato podestà della città, a mutare profondamente il volto di Assisi. Nel 1923 viene iniziato il nuovo edificio del Seminario Pontificio. Nel 1927 inizia il restauro in stile dei palazzi comunali; nel 1928-29 si realizza il nuovo istituto Serafico. Lo stile “neomedievale” si afferma senza ostacoli.

Sempre all’inizio degli anni ’20 la Società anonima cooperativa “Città serafica” per le case popolari presenta uno studio di piano urbanistico e pochi anni dopo un gruppo di architetti romani redige una proposta di sviluppo di Santa Maria delineando la struttura tra la stazione ferroviaria e il centro antico.  Nel periodo fascista si ebbero poi importanti investimenti urbani quali, ad esempio, il Convitto nazionale edificato a partire dal 1923 ed inaugurato nel 1927.

Citiamo per ultimo -perché ci introduce alla figura di Giovanni Astengo- l’episodio della demolizione della ex chiesa di San Niccolò nella piazza principale della città per sostituirla con il palazzetto delle Poste in stile medievale. Nella sua relazione al piano regolatore, Astengo, pur essendo un convinto sostenitore della cultura del rispetto dell’esistente, propone l’unica demolizione proprio del palazzo delle Poste.

Vincere l’arretratezza. Il piano urbanistico di Giovanni Astengo. L’incarico per la redazione del nuovo piano urbanistico risale all’immediato dopoguerra, al 1955. Nelle relazioni di accompagnamento agli elaborati grafici (integralmente riportate nel numero monografico della rivista Urbanistica del settembre 1958) possiamo comprendere la struttura sociale della città. La popolazione aveva raggiunto 25.133 abitanti (1956) e l’attività prevalente degli occupati era nell’agricoltura. Il numero degli analfabeti raggiungeva il 32% dell’intera popolazione. Con tali studi fu possibile “sondare il grado di depressione economica” scrive l’urbanista.

Non è certo questa la sede per approfondire i contenuti del piano che, come noto, non ebbe vita facile ed ebbe una seconda stesura per superare le resistenze incontrate nell’originario proposta. È però utile sottolinearne almeno quattro aspetti. La salvaguardia del centro antico, Astengo lavorava in quegli stessi anni alla redazione delle Carta di Gubbio sui centri storici, è l’elemento fondamentale del futuro della città. Il quartiere di espansione moderna è uno splendido esempio di urbanistica moderna. La frazione di Santa Maria degli Angeli viene progettata lasciando un ampio spazio agricolo tutelato tra l’abitato e il centro antico. Viene infine affrontato il tema dell’accessibilità e della sosta veicolare che diverrà poi azione prevalente nei decenni successivi.

In buona sostanza, se ancora oggi godiamo dello straordinario quadro della campagna che arriva fino alla città murata lo dobbiamo all’urbanistica lungimirante di Giovanni Astengo e delle forze politiche e sociali che lo sostennero. L’elemento più affascinante dell’opera dell’urbanista è quello di aver attribuito al centro storico il ruolo fondamentale dell’identità cittadina e di aver creduto in una città che attraverso regole chiare e condivise garantiva dignità a tutti i ceti sociali attraverso i servizi pubblici. Non va dimenticato a tale riguardo che Astengo lavorava in quello stesso periodo alla redazione del fondamentale strumento di difesa dei diritti collettivi rappresentato dal Decreto ministeriale sugli standard urbanistici (1968).

Immaginare il futuro di Assisi. La fine dell’esperienza di Astengo coincide al livello nazionale con tre decenni caratterizzato dal rifiuto delle regole e la demonizzazione dell’urbanistica. Nessun vincolo deve limitare l’attività edificatoria privata. E’ noto invece che le città sono un prodotto dell’integrazione tra economia e cultura. E’ l’economia che rende possibile l’origine e l’evoluzione dei borghi, delle città piccole o grandi. È poi la cultura che ne delinea il volto, che definisce le caratteristiche delle parti pubbliche, la parte simbolica e artistica. Per raggiungere e mantenere bellezza e luoghi di convivenza, servono regole e idee condivise. Da trenta anni viviamo dentro un’involuzione culturale preoccupante: l’interesse particolare viene prima di quello pubblico.

Assisi è un esempio di come la cancellazione dell’urbanistica sta provocando un grave squilibrio della città perché agevolare soltanto l’esigenza economiche come il turismo di massa sta provocando la crisi della città. La popolazione del centro antico è sempre più esigua mentre il numero dei turisti aumenta continuamente. La struttura del commercio di vicinato che ha fornito per tanti decenni il volto alla città si sta inevitabilmente orientando verso la monocultura del food e dell’intrattenimento. La città antica perde la sua identità.

C’è dunque bisogno di ritornare a costruire un’idea complessiva e di grande respiro per il futuro della città. Abbiamo bisogno di idee forti che restituiscano alla città la prospettiva di un progetto collettivo.

Pochi anni fa, Papa Francesco ha elaborato la proposta dell’ecologia integrale che partendo dalla gravissima crisi ambientale che viviamo, pone al centro di ogni ragionamento il rispetto delle persone. Se vogliamo vincere la battaglia per un futuro sostenibile, l’occasione irripetibile sta nella costruzione della città di Assisi come prima città che sperimenta il percorso dell’ecologia integrale. Una città che accoglie tutti e che aiuta l’evoluzione culturale dei cittadini. Che pone al primo posto il rispetto dell’ambiente. Che risolve il problema del traffico veicolare privato con mezzi collettivi non inquinanti. Una città pubblica, infine, che lavora per aumentare la qualità dell’abitare, e cioè dell’insieme inscindibile delle case e del sistema del welfare urbano.

Paolo Berdini

Docente di Urbanistica all’Università di Tor Vergata e scrittore. Le ultime pubblicazioni per Donzelli: “Breve storia dell’abuso edilizio” e “Le città fallite”

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