24 Settembre 2020

Intervista a Sara Maria Fantini

Peppe Frana
Intervista a Sara Maria Fantini

Sara Maria Fantini è una giovane musicologa e interprete di musica medievale (canto, liuto e chitarrino). Ha focalizzato il suo interesse di studiosa e musicista sul repertorio italiano del Trecento conciliando un profondo acume filologico all’approccio performativo.

  • Come è nato l’interesse per la musica medievale, quali sono stati gli ascolti o le esperienze che ti hanno ispirata?

La fascinazione per il medioevo c’è stata fin da bambina, ma dal punto di vista musicale ero da tutt’altra parte: studiavo chitarra classica e, nella mia città, le possibilità di entrare in contatto con la musica medievale in tenera età erano praticamente nulle. Poi, quando ero in prima media, la professoressa di musica ci portò a sentire un concerto dei Micrologus; rimasi folgorata dal suono del liuto, decisi che volevo imparare. Il mio maestro di chitarra in conservatorio mi insegnò i primi rudimenti, e per anni ho suonato di tutto, dalle Cantigas a Spinacino, senza sapere bene cosa stessi facendo. Il primo approccio serio al liuto medievale è arrivato molto più tardi, con l’apertura del centro studi dedicato ad Adolfo Broegg: il liutista che, tanti anni prima, con il suo suono unico mi aveva letteralmente cambiato la vita.

  • Parlami della tua ricerca musicologica, su cosa stai lavorando attualmente e in che modo lo studio si riverbera sulla tua attività di musicista?

Al momento sto ultimando (si spera) la mia tesi dottorale, incentrata sui testi trasmessi in un manoscritto musicale copiato nel primo ‘400. L’attività di ricerca in ambito musicologico e letterario è sempre stata, per me, un’arma a doppio taglio: da un lato, le esperienze di studio all’estero mi hanno permesso di entrare in contatto e suonare con musicisti bravissimi, d’altro canto ho dovuto ridurre notevolmente l’attività concertistica. In Italia non esistono dottorati in musica ‘pratica’, e gli studi musicologici sono quasi sempre destinati ad un pubblico accademico; questo crea una spaccatura tra studiosi ed esecutori, dannosa per entrambe le parti. In definitiva, gli studi universitari mi hanno permesso di acquisire un diverso grado di consapevolezza nei confronti del repertorio che suono e canto, a discapito però del mio percorso lavorativo come musicista.

  • Da molti anni partecipi al Calendimaggio tra le fila della Nobilissima, che significato dai a questa consuetudine alla luce delle tue esperienze artistiche e accademiche in Italia e all’estero?

Durante il Calendimaggio ho sempre un’impressione di sospensione del tempo. Trovarsi a suonare con artisti straordinari e partaioli grandi e piccoli, uniti ogni anno per dare battaglia, è un’esperienza unica; sul palco, in mezzo al caos degli attacchi, dei ‘buchi’ da riempire e degli strumenti surriscaldati, ci sono momenti in cui tutto si incastra miracolosamente, e si sente davvero la magia della piazza. Pur avendo vissuto ad Assisi per pochi anni, alcuni dei miei amici più cari sono lì, e il Calendimaggio è anche l’occasione per tornare in un luogo in cui mi sento a casa.

Peppe Frana

Specialista in strumenti a plettro medievali ed extraeuropei, si è formato presso il Labyrinth Musical Workshop di Houdetsi (Creta) e la Schola Cantorum Basilensis. Collabora tra gli altri con Ensemble Micrologus, Ross Daly, Vinicio Capossela, Daniele Sepe.

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