Giordano Ceccotti vive e lavora a Rivotorto di Assisi ed è uno dei più eclettici e importanti liutai nel campo della ricostruzione di strumenti medievali e rinascimentali, specializzato in cordofoni ad arco e a ruota come vielle, ribeche, lire da braccio, ghironde e symphonie di cui è anche un esperto suonatore, liuti e chitarrini. Ha sempre affiancato la liuteria storica ad esperimenti moderni e versioni elettroacustiche dei suddetti strumenti ma oggi ci racconterà come da un dipinto del medioevo può rinascere uno strumento musicale.
Il mio percorso è iniziato dallo studio della musica: quando avevo sei anni, mi è stato dato in mano un violino e ho cominciato a studiare questo strumento. Più avanti, frequentando l’Istituto d’Arte B. Di Betto, sono rimasto affascinato dalla storia dell’arte, specialmente quella del periodo medievale-rinascimentale.
Avvicinandomi poi a varie manifestazioni, come il Calendimaggio di Assisi e il Mercato delle Gaite di Bevagna, ho iniziato a interessarmi alla musica medievale e, dopo aver acquistato degli strumenti dal maestro Vincenzo Cipriani, sono rimasto in contatto con lui e mi sono appassionato al mondo della liuteria.
Infatti, poco tempo dopo ho provato a costruire la mia prima viella, approfittando anche dei preziosi consigli di Vincenzo e di altri liutai classici.
Ho frequentato poi la scuola di liuteria di Gubbio, dove ho costruito il primo violino imparando a dare particolare importanza ai dettagli dello strumento.
La curiosità e la voglia di sentire suoni differenti hanno fatto sì che potessi sperimentare la costruzione degli strumenti più vari, sempre su base iconografica medievale e rinascimentale, conducendo anche ricerche sui tipi di legno utilizzati nella costruzione dei vari strumenti tradizionali in giro per il mondo.
Ho anche curato un’intensa raccolta di fonti iconografiche spostandomi nei vari musei, pinacoteche e chiese dell’Italia centrale e settentrionale.
L’inizio della progettazione di uno strumento coincide, appunto, con lo studio dell’iconografia, con la ricerca di tutti gli strumenti simili (o uguali) che il pittore o la scuola dello stesso ha raffigurato. Dopodiché si effettua una valutazione di eventuali errori da parte del pittore. Infatti, non sempre gli strumenti raffigurati sono funzionanti; a volte chi ha raffiguratolo strumento, non essendo magari un esperto in materia, può anche aver commesso numerosi errori. D’altro canto, letteratura, musica e arte erano una cosa sola e spesso nelle botteghe dei pittori minori si ricostruivano strumenti musicali e, a volte, anche gli artisti stessi suonavano questi strumenti.
Una volta eseguita la giusta ricerca iconografica, si procede alla ricerca di strumenti originali dello stesso periodo ancora esistenti. Non ce ne sono molti, ma alcuni strumenti originali sono oggi custoditi nei vari musei sparsi per il mondo.
Si tiene conto anche di eventuali strumenti tradizionali che hanno mantenuto una forma o un utilizzo simile fino ai nostri giorni (prendendo in considerazione eventuali cambiamenti estetici e stilistici dovuti al periodo in cui si sono evoluti).
Quindi si passa alla progettazione dello strumento, disegnando ogni sua parte e ricavandone le proporzioni e le misure per renderlo suonabile. Poi si iniziano a costruire le dime, cioè dei riferimenti in cartone o legno sottile su cui poi si basa la costruzione vera e propria dello strumento.
Nulla viene lasciato al caso: scelta dei legni (quelli che all’epoca potevano girare nella zona di riferimento del dipinto), scelta dei materiali decorativi (pergamena che venne in seguito impiegata negli strumenti barocchi e rinascimentali conservati nei musei), tempera (come testimoniano i frammenti di strumenti musicali trovati nei vari siti archeologici), spessori dei legni (sempre facendo riferimento agli strumenti esistenti conservati nei musei).
Anche la tipologia di corde non viene trascurata. Ci sono trattati che parlano della tecnologia conosciuta all’epoca per ogni tipo di corda, budello o metallo.
Oggi la mia ricerca ha volto lo sguardo alla tecnologia, infatti ho studiato un programma 3D con cui ora posso ricostruire in modo più “scientifico” gli strumenti proposti nelle varie opere. Con il 3D posso ricostruire l’ambiente (chiaramente più facile dopo l’avvento della prospettiva) e trovare le giuste proporzioni dello strumento che si vuole ricostruire, tenendo conto delle varie distorsioni prospettiche che si possono trovare.
Quindi questa tecnica non deve essere vista come un processo di industrializzazione atto alla produzione di strumenti con macchinari automatici, ma semplicemente come un metodo scientifico per poter lavorare con i volumi (in modo virtuale), senza la necessità di fare un milione di tentativi prima di arrivare allo strumento definitivo. Con questi programmi, infatti, si può modificare tutto ciò che non funziona (dal punto di vista estetico e tecnico) e si tiene anche conto del fatto che modificando determinati punti si va a modificare automaticamente anche gli altri adiacenti, che dipendono da quelli modificati.
Tutto questo per dire che nel classico disegno geometrico può succedere di tralasciare dei piccoli errori, delle sviste che ci porteremmo dietro compromettendo la buona riuscita dello strumento finale, quindi le nuove tecnologie sono importantissime per garantire un lavoro di qualità.