Pochi forse sanno che Alberto Moravia si è dedicato alla poesia, e lo ha fatto quando era ragazzo. Sono testi intimi, che dialogano con il resto della sua opera. Ci sono costanti alcuni temi tipicamente moraviani come l’eros, il viaggio, il rapporto tra natura e storia, il passato e la memoria, che sono affrontati nella forma di diario personale in cui riprendere contatto con la parte più giovane di sé. Moravia si lascia andare alle emozioni, le libera in versi narrativi che rinviano ai grandi argomenti metafisici, a cominciare dal tempo, per poi parlare del mondo, della passione, degli amori.
La mia vita per l’Italia
Sono capitato
male
in un paese
degradato
di poveri
senza dignità
e di ricchi
senza cultura
Dai poveri
mi divide
l’orgoglio
dai ricchi
la verità
Far parte
di una siffatta
società
è un danno
esserne esclusi
non è una fortuna
Ma non ho
che una vita sola
da vivere
e la storia
non concede
scelte.
Nel deserto
Sento
che ho sbagliato
pista
le rotaie
che erano tanto
chiare
si vanno perdendo
tra l’erba
non posso tornare indietro
ma non posso
neppure
andare avanti
Il sole
è calato
dietro le dune
che chiudono
l’orizzonte
presto
sarà notte.
Ti piace svegliarti
Mi sveglio
sempre più presto
una volta
erano le nove
poi le otto poi le sette poi lei sei
adesso le cinque
e quando
sono sveglio
vorrei dormire
ancora
perché la vita
non mi appetisce
anzi
ma fa orrore
Verrà forse
un giorno
che non dormirò
più affatto
starò sempre
sveglio
con gli occhi
aperti
e allora
l’orrore
sarà completo.
La noia
Mi sono annoiato
tutta la vita
finchè ho scritto La Noia
e poi dopo La Noia
ho continuato ad annoiarmi.
Il disperato
Sono disperato
da sempre
ma la disperazione
non dovrebbe essere
un’abitudine
e allora
non resta
che andare
fino in fondo
laggiù
da dove
non si può
tornare.
Perché non farlo?
Le cose stanno
in modo
che mi stupisco
di non essermi
già ucciso
Il suicidio
non mi piace
ma mi pare
logico
quando la vita
non va avanti
meglio tornare
indietro
alla morte
Al mio funerale
Ho seguito
il mio funerale
a piedi
e da solo
I cavalli
impennacchiati
e sbuffanti
dalla noia
tiravano
il carro funebre
dorato e arabescato
delle ambizioni
Ai quattro angoli
i quattro
angeli d’argento
della poesia
piangevano
lacrime
di stucco
verniciato
Dal nero
catafalco
pendeva
una sola corona
di crisantemi
gialli
Sul nastro
viola
si leggeva
il mio nome e cognome
Nella bara
giaceva
composto
vestito di blu
il cadavere
della mia letteratura
un tempo
così viva
Non ho seguito
il funerale
fino al cimitero
Ad una strada
qualsiasi
ho svoltato
me ne sono andato.
Il sorriso
Non ti chiedo
di far l’amore
ti chiedo
soltanto
un sorriso
affettuoso
ogni tanto
diciamo
una volta
la settimana
quel sorriso
mi basta
per vivere.
Credimi è così
Non ti piace
scopare
ti piace la tenerezza
ma non lo sai
che scopare
è tutto quello
che possiamo
fare?
Il Poeta
Avrei voluto
essere
un poeta
non sono stato
che un romanziere
tanto peggio
per me
ho sbagliato
la sola
vita
che mi era stata
concessa di vivere
a meno che essere
poeta
sia proprio questo
temere
di non esserlo.