Facile e semplice passeggiata che si sviluppa quasi interamente lungo la SP 251 (di S.Benedetto), ma che consente di conoscere un pezzo di storia del nostro monte, peraltro non molto conosciuta; abbigliamento comodo e calzature adeguate a una gita in campagna, queste le caratteristiche
lunghezza: 5.5 km
dislivello complessivo salita: 190 m
dislivello complessivo discesa: 190 m
quota minima: 754 m
quota massima: 920 m
3.3 km separano piazza Matteotti (445 m) dal grande piazzale sterrato poco prima dell’Eremo delle Carceri, parcheggio cava dei francesi (754 m); con magnifico panorama sulla valle umbra e sui monti che la circondano.
Dal parcheggio cava dei francesi (754 m) si inizia a camminare sulla stretta asfaltata in marcata salita che porta all’ingresso dell’Eremo delle Carceri (792 m), proseguendo in salita dopo poche decine di metri alzando lo sguardo si notano sulla destra due epigrafi coperte in parte da erbacce, la cui mancata pulizia impedisce di leggere quanto scritto;
l’epigrafe superiore ricorda i nomi di prigionieri di guerra austro-ungarici (in realtà erano di varie etnie), ripartiti su 13 righe (sono sicuro), molte indicano 4 nomi, alcune 5 (non sono sicuro);
l’epigrafe inferiore, recita così:
LA CITTÀ DI ASSISI
A RICORDO
DEI PRIGIONIERI DI GUERRA
DELL’ESERCITO AUSTRO-UNGARICO
CHE NEGLI ANNI 1916-1919
RIMBOSCHIRONO QUESTO SACRO MONTE
NELL’VIII CENTENARIO
DELLA NASCITA DI S.FRANCESCO
XIV SETTEMBRE 1982
GIORNATA DELL’AUSTRIA
Ricordiamo con affetto e stima i prigionieri di guerra (una cinquantina in tutto, catturati probabilmente nel 1916), che in poco più di due anni (la guerra come tutti sanno terminò nel 1918), iniziarono il recupero forestale del Sacro Subasio, soprattutto nel versante occidentale, dove rimboschirono una stretta fascia tra i 700 e i 900 metri (a monte dell’eremo), bonificando inoltre lo storico faggeto del macchione (versante nord-est) isolando in ogni relitto di ceppaia, già esistente, i polloni più robusti.
Questi prigionieri di guerra, inconsapevoli antesignani, dettero inizio a una “avventura” che dopo un ventennio sarebbe diventata una magnifica realtà, ovvero il completo rimboschimento del monte effettuato dalla Milizia Nazionale Forestale dal 1927 al 1938, un’opera davvero grandiosa.
Ma riprendiamo il cammino in salita e trascurando la strada che sale agli stazzi e ai prati sommitali, prendiamo sulla destra in marcata salita la SP 251 direzione S. Benedetto costeggiando il basso muretto di pietra che delimita il perimetro dell’eremo. Sulla destra la fitta lecceta che caratterizza il luogo; la strada scavalca la profonda gola del fosso delle carceri, quasi sempre asciutto, al tempo del Santo era già chiamato “rigo secco”; ancora in ripida salita si giunge in breve al termine del muretto (830 m), qui la strada rimpiana e procede dolcemente tra fitti rimboschimenti di bosco misto e resinose sempreverdi, è veramente appagante camminare lungo questa strada, le poche automobili in transito non disturbano più di tanto.
Quando la strada inizia a scendere (866 m) sulla sinistra si nota un evidente sentiero che sale, non ci sono segnavia, l’unico riferimento è una sentina di raccolta dell’acqua proprio all’attacco del sentiero, circa 30 minuti dal termine del muretto dell’eremo.
Il sentiero sale e conduce in 10 minuti a un manufatto in pietra, “il trullo del Subasio” – insolita sorpresa tra la fustaia di pino nero – costruito appunto dai prigionieri di guerra ricordati nelle 2 epigrafi sopra citate, che lo usavano come rimessa attrezzi e per cuocere qualcosa nel focolare nei momenti di riposo.
Si raccomanda il massimo rispetto per questo semplice rifugio che ci ricorda un pezzo di storia del nostro monte.
Si torna indietro lungo lo stesso itinerario, guardatevi intorno, provate a sentire gli odori del fitto bosco – certo che ci sono! – serena passeggiata…