Fino alla metà del secolo scorso, il geometrico reticolo del paesaggio agrario che delimitava i confini delle proprietà, era costituito prevalentemente dalle siepature interpoderali di biancospino, quasi del tutto scomparse con l’avvento dei mezzi agricoli meccanici.
Ma perché cercarlo in pianura! Con una semplice, facile e riposante passeggiata sul Sacro Subasio lo possiamo trovare in gran quantità.
Parcheggiata l’auto al parcheggio Stazzi (1070 m – 7.5 km da Piazza Matteotti), si inizia a camminare su comodo stradello sulla destra, chiuso alle auto da sbarra metallica. In 20 min si giunge al casale di Vallonica (1059 m) in uso ad azienda che alleva cavalli allo stato brado, cavalli che sarà facile incontrare lungo il percorso.
Proseguendo sullo stradello si giunge in breve a un abbeveratoio, da qui si entra nel domino del biancospino; il periodo della fioritura è sicuramente maggio, mentre le bacche rosse si raccolgono a ottobre.
Tante per davvero sono le proprietà curative del biancospino, ma l’uso terapeutico e alimentare deve essere consigliato – caso per caso – da un esperto erborista.
A proposito del biancospino, come non ricordare le due processioni che si svolgono a Gualdo Tadino, “all’ombra” del Subasio, la sera del 14 gennaio, vigilia della ricorrenza del patrono della città, il Beato Angelo (1270 – 15 gennaio 1324); processioni che al termine si incontrano presso il sacello del patrono, nel quartiere Biancospino appunto, per ammirare la miracolosa fioritura che si ripete ogni anno, a ricordo della leggenda che racconta come – al passaggio del beato morente – lungo la strada i germogli di biancospino come d’incanto fiorirono.
Infine – ricordi di poesie imparate a memoria – la citazione di Giovanni Pascoli nella poesia “Valentino” (1903) e quella di Fabrizio De André nella canzone “Inverno” (1968). Quante varianti per un semplice arbusto, pure spinoso!