09 Ottobre 2020

“e la vite si maritò”

Giuseppe Bambini
“e la vite si maritò”
Foto di Renato Elisei

Fino al 2° dopoguerra il paesaggio agrario di pianura e di collina era caratterizzato dalle “alberate”, i campi erano sistemati con filari di aceri (acer campestre) distanziati – in modo ortogonale – di una decina di metri a formare reticoli perfettamente squadrati.
Tra i filari si intercalavano campi rettangolari coltivati a grano, orzo, avena, patate; ad ogni acero – “stucchio” in zona Trasimeno-perugino, “bianchélla” nel folignate-spoletino, “loppio” o “oppio” in Valnerina – era maritata una vite, che confondeva i suoi rami con quelli dell’albero tutore, ovvero l’acero campestre, dalla foglia pentalobata, oppure trilobata.
Questa tecnica millenaria, che i Romani ereditarono dagli Etruschi – “la vite maritata” – consentiva, oltre alla coltivazione dell’uva, la raccolta autunnale delle fronde, utilizzate in inverno a complemento dell’alimentazione del bestiame.  

Particolare non trascurabile, nella tradizione popolare “lo stucchio non lo colpisce il fulmine!”.

Nulla è rimasto di quel paesaggio agrario, le pergole sono state sostituite nell’agricoltura vinicola intensiva moderna, con vigneti sostenuti da assi di cemento disposti a filari ravvicinati, che trasmettono il senso di una moderna geometrica armonia.
Ma qualche modesto esempio di vite maritata è rimasto, tra le pieghe del vasto contado montano di Assisi, “archeologia del paesaggio” si potrebbe definire, senza approfondire se quelli che hanno studiato considerano giusta la definizione.
In auto: da piazza Matteotti (445 m – azzerare il conta km) si sottopassa porta Perlici e si percorre la SS 444 direzione Gualdo Tadino, si supera Ponte Grande e Pian della pieve, dopo 5.5 km, in corrispondenza di una netta curva a sinistra, si imbocca sulla destra una strada bianca, segnalata da una grande quercia. La strada polverosa sale e si restringe, all’altezza di una netta curva a sinistra si gira sulla destra in discesa; pochi metri sconnessi e siamo a casa Poderaccio (521 m – 7.8 km da piazza Matteotti); parcheggiare tenendo conto che siamo in proprietà privata.

Qui abita la famiglia Mazzoni e il luogo merita un piccolo approfondimento.

Foto di Giuseppe Bambini

Nello spiazzo presso la legnaia si apre un magnifico panorama sul verdeggiante versante settentrionale del Sacro Subasio, che mostra le pieghe dei numerosi fossi che scendono dalla sommità, si scorge Armenzano e in evidenza il caratteristico campanile della Costa di Trex: vista superba!
Un isolato pioppo (davvero una eccezione di albero tutore) sostiene una vite, primo esempio, ma spostandosi nei coltivi che scendono al fosso Marchetto, poche decine di metri dalla casa, è presente il più suggestivo – tra i pochi rimasti – di filare di vite maritata con acero campestre nella montagna di Assisi, autentico patrimonio paesaggistico custodito nei decenni da Francesco Mazzoni (classe 1921), salito in collina nel 2015, una vita a casa Poderaccio.

Per me è stato una fonte inesauribile di storie, racconti, tradizioni, leggende, tutte notizie interessanti raccontate da chi c’era; quando avevo un dubbio relativo a questo versante del Subasio, quando mi interessava saperne di più dell’acquedotto del Falcione o del ciclopico rimboschimento del Subasio, cosa era successo in zona durante il passaggio del fronte, quando era arrivata l’energia elettrica, c’era Francesco che tutto sapeva e tutto mi raccontava.

E io lo ascoltavo! E io glie ne sono grato ancor oggi.

Così come sono grato al figlio Sandro che continua l’opera del padre.
Ovviamente nei pressi della casa ci sono vitigni coltivati con tecnica moderna, non potrebbe essere diversamente, la sostenibilità economica lo impone, ma mi permetto di suggerire a chi ha in mano le redini politiche nel settore agricolo, di trovare le (modeste) risorse per stimolare nei proprietari il mantenimento di queste viti maritate, almeno come inerzia storica a uso didattico.
Sarebbe un peccato perdere questa memoria culturale, nei centri commerciali certi paesaggi non si trovano. Credetemi!

Foto di Renato Elisei
Foto di Renato Elisei
Giuseppe Bambini

Viandante per antiche terre Umbre

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