“Questo è il volto che hanno le cose
quando siamo felici. Il mondo è
sempre così, siamo noi che lo
dipingiamo del colore della nostra
angoscia o della nostra infelicità…
Il mondo prende i nostri colori.
Tutti i giorni dell’anno passato, tutte le opere compiute e le cose che abbiamo visto hanno avuto colori diversi, ora bui ora luminosi, e noi siamo convinti che siano queste realtà ad essere così. indipendentemente da noi e dalla nostra volontà. E invece, nella riflessione sopra citata, il maggiore scrittore olandese vivente, Cees Nooteboom, ci ricorda che siamo noi a dipingere di colori o a immergere nel nero pece la realtà della vita e del mondo. Quante volte, anche in quest’anno trascorso, una nostra insoddisfazione ha velato le albe, una nostra amarezza ha intristito la primavera, una nostra freddezza interiore ha raggelato l’estate, un nostro odio ha arrossato le nevi invernali e una nostra pigrizia ha spento il dialogo coi familiari e gli amici. Un nuovo anno è sorto, lo vorremmo colorato e festoso. Certo, non tutto dipende da noi perché facciamo parte di un disegno più grande, ma sta a noi dare luce a tanti spazi di questo mondo… Dobbiamo dominare il tempo, colmarlo di atti giusti, rasserenarlo e fecondarlo come un terreno da coltivare e da far fiorire. Dipingiamo, allora, il mondo del colore della speranza e non immergiamolo nel grigio della rassegnazione”. È questo il nostro augurio semplice e colorato per il 2022.
Cees Nooteboom
1
Sento la musica ma non le parole
movimento di danza, senza lì nessuno.
Poesia, ma senza un lettore.
Tempo, ma senza i numeri.
Quanti enigmi si possono sopportare?
L’amico morto senza poter più parlare,
l’altro amico che sull’ultimo letto
tracciava con le mani un cerchio,
e voleva dire viaggio. Era
un addio, e io l’ho compreso, dovevo
viaggiare ancora e più lontano, cerchi sul mondo
fino a tornare da lui,
o lui da me, una promessa vana.
2
Volevi vivere, no? E allora volevi
solo l’oro, l’azzurro
del cielo, l’amore, il sole?
Niente qui è gratis, raccogli
il morire in tutte le sue forme,
il dolore, l’urlo, il malefico
abbraccio, il bacio del tradimento
calcolato.
La vita un cantico dei cantici? Certo,
ma al di sotto quest’altra verità,
della notte e della nebbia,
la prova del nove che dura
fino alla fine.
3
Chi dice tutto questo? Che voce chiama l’uomo
nella sua stanza solitaria? Da quale antichità
qualcuno vuol dire qualcosa sulla lotta o
sulla mutilazione? Non gli basta
il suo tempo? Tutto è ripetizione, letto
sui libri, dolore reinventato, coltelli
sotto le parole, vittime sotto gli stessi cieli
di sempre, niente di nuovo.
Lo sa, prima della fine tutto gli passerà
ancora davanti, solo allora potrà
andarsene e, chissà, ridere come un orfano
al buio aggrappato a parole di versi.
Niente rimarrà da fare.
4
Non andartene. Soffermati su questa dolce
visione di una sera d’estate, pace,
conversazione sul bordo dell’acqua, sussurri,
mormorii in cui la sventura
svanisce. Sente il cavallo
sul prato, vola ancora un uccello,
resta disteso, metti in fuga i pericoli,
non avere paura delle forme
del volto senza occhi,
della donna con i capelli
di corda, della bocca senza
corpo, non lasciarli entrare nel sonno
che è solo tuo.