23 Giugno 2024

Canti della Gratitudine. Franco Arminio

Claudio Volpi
Canti della Gratitudine. Franco Arminio

Uno delle più belle raccolte di Poesia di quest’anno, ‘Canti della Gratitudine’, di Franco Arminio, poeta di cui abbiamo parlato già altre volte, che sta girando con ritmo folle l’Italia in ogni angolo incontrando sempre con molto successo i suoi lettori e non,  dimostrando come ci sia molta voglia e fame di poesia, cioè di dolcezza , gentilezza, sensibilità, comprensione, luce… “…I suoi versi si offrono a tutti come occasione per aprire il cuore alla meraviglia e alla fratellanza, cantano l’importanza di prestare attenzione al minuscolo per sentirci parte dell’immenso. Il fardello della famiglia in cui siamo nati, la fatica di amare e lasciarsi amare, l’angoscioso orizzonte della morte che sembra chiudersi davanti a ogni pensiero, tutto viene riscattato dal potere della gratitudine, che illumina i doni nascosti in ogni singolo giorno. A queste pagine Arminio consegna il frutto di anni di ascolto di se stesso e del mondo, la summa di ciò che ha imparato nel suo cammino attraverso città e paesi: la parola poetica dispiega la sua forza trasformativa, da esperienza intima si fa comunitaria e ci chiede di essere pronunciata come sfida all’indifferenza, come forma di resistenza, come il più salvifico dei contagi” (dall’introduzione alla raccolta).

1

Brindiamo alla bellezza sprovveduta,

ai ribelli, ai vulnerabili,

a chi ha le ossa ardenti,

a chi prende sul serio

i propri luoghi,

a chi ha tempo

per aggirarsi nei dintorni.

Brindiamo a chi lavora la terra,

all’acqua per il suo parlare

alle radici,

al sole,

silenzioso badante

delle foglie.

Brindiamo a chi è

qui a nutrirsi

assieme noi,

tante bocche,

un solo cuore.

 

Canto delle crepe

Amo i luoghi

pieni di crepe,

amo i vecchi,

i paesi abbandonati,

i dolori che ci aprono,

le gioie che portano il cielo

in ogni vena.

Hanno detto

che le crepe

fanno passare la luce,

ma poi

chi può le chiude.

Non è bello invecchiare,

perdere amici,

sonno, memoria,

non è bello sentire

che il tempo è poco,

la vita si guasta,

il dente annerisce,

il ginocchio cede.

Quello che conta però

è restare ospitali:

se passa la luna

nel tuo corpo

è bello che ancora

si senta a casa.

 

2

Nessuno ha il diritto

di privarci delle cose

più normali:

l’appuntamento

dal parrucchiere,

spostare dei libri,

aspettare tranquilli

la sera.

Nessuno può dirottare

la nostra vita

perché ha noia

della sua.

Neppure noi

abbiamo il diritto

di non capire la meraviglia

delle cose normali,

non c’è nessun bisogno

di vestire da capolavoro

ogni giornata.

Pensiamo al guadagno

di vedere un’alba,

di cenare con i nostri cari.

Pensiamo al piacere

di camminare

per le nostre strade,

di tornare a casa.

Non aspettiamo

la sventura

per ricordarci

la grazia

della piccola

e infinita vicenda

di stare qui

in un giorno qualsiasi.

 

3

Mi piacciono

le persone inattuali,

quelle capitate  qui per caso,

quelle che non hanno paura

di parlare di Dio

e della morte,

che hanno

tristezze improvvise

ma sanno prendere

la gioia

da momenti qualsiasi.

Mi piacciono le persone

che hanno lotte antiche

negli occhi

e la pelle asciutta

e il cuore caldo

come panni al sole.

 

4

Abbiamo bisogno di poesia.

La poesia serve a capire

che la morte

è dentro la vita,

non è il suo contrario,

è il mistero

che ci accompagna,

non è l’estraneo

che ci agguanta.

Servono parole

che girino

nel fondo minerale

del corpo,

nel fuoco antico

dove si fanno

i vetri della paura.

Servono parole

che sappiano contare

i lampi sulle dita,

i segni che gremiscono

le foglie,

le ali degli insetti.

La poesia serve per salire

alle finestre alte,

alla purezza

chiara e semplice

di rimanere qui

per pochissimo,

per un niente.

 

 

5

Siamo come il cielo

per una nuvola,

come il ramo

per un passero,

siamo una bocca

per il bacio,

una lacrima

per dividere il dolore,

un tremore

per l’attesa.

Dobbiamo occupare

solo una piccola zona

di noi stessi,

il resto è luogo

di passaggio

per esseri umani,

animali, piante.

Noi siamo un albero

col vuoto dentro.

La lingua

è la nostra linfa.

 

6

I gatti non sono

mai adirati,

restano miti,

badano alla loro vita

senza pretendere nulla

più di quel che hanno.

C’è amore

nella loro lontananza:

il loro silenzio

è una forma perfetta

di eleganza.

 

7

Prometto

di restare fedele

alla luce,

di benedirla ogni giorno,

di aspettare dopo la notte

il suo ritorno.

Prometto

di dedicare tempo

ai morti,

accarezzargli la fronte,

stendermi accanto a loro.

Prometto

di combattere ancora

perché i paesi

non muoiano.

Prometto

di leggere ogni giorno

le parole di un poeta.

Prometto

di andare ogni tanto

in un ospedale

a visitare ammalati

che non conosco.

Prometto

di non lamentarmi

e di non recriminare,

di dare di più

e pretendere di meno.

Prometto

che se arriva

una dolcezza

non ci metto dentro

il mio veleno.

 

8

Il lutto degli altri,

il mal di cuore

di un uomo giovane,

le volpi che

non trovano cibo,

i palazzi dove sono

cadute le bombe,

il rossore dei timidi,

l’ansia di chi

aspetta il responso

di un esame medico.

Nel giorno ci sono

cose come queste

e c’è quella voce

che amiamo,

quella piazza,

un certo modo

di essere toccati,

e quegli occhi,

quella bocca,

quell’albero da solo

in mezzo alla campagna,

quella poesia.

Le cose che amiamo

durano moltissimo

anche quando

hanno vita breve.

 

9

Non ritroveremo

i nostri respiri.

Non andremo mai più

a vedere il mare.

Non vedremo mai più

un cane,

una rosa,

un lampione.

Essere qui

è una piccola,

breve,

irripetibile occasione

 

 

Claudio Volpi

Nato ad Assisi, dove vive e lavora. Laureato in Lettere Moderne, si occupa di Arte e Antiquariato, ha una Galleria D’Arte nel centro storico della città. Dagli anni ottanta ha pubblicato diverse raccolte di poesie, l’ultima quest’anno con il volume “Voci Versate”, Casa Editrice Pagine Roma.

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