Uno delle più belle raccolte di Poesia di quest’anno, ‘Canti della Gratitudine’, di Franco Arminio, poeta di cui abbiamo parlato già altre volte, che sta girando con ritmo folle l’Italia in ogni angolo incontrando sempre con molto successo i suoi lettori e non, dimostrando come ci sia molta voglia e fame di poesia, cioè di dolcezza , gentilezza, sensibilità, comprensione, luce… “…I suoi versi si offrono a tutti come occasione per aprire il cuore alla meraviglia e alla fratellanza, cantano l’importanza di prestare attenzione al minuscolo per sentirci parte dell’immenso. Il fardello della famiglia in cui siamo nati, la fatica di amare e lasciarsi amare, l’angoscioso orizzonte della morte che sembra chiudersi davanti a ogni pensiero, tutto viene riscattato dal potere della gratitudine, che illumina i doni nascosti in ogni singolo giorno. A queste pagine Arminio consegna il frutto di anni di ascolto di se stesso e del mondo, la summa di ciò che ha imparato nel suo cammino attraverso città e paesi: la parola poetica dispiega la sua forza trasformativa, da esperienza intima si fa comunitaria e ci chiede di essere pronunciata come sfida all’indifferenza, come forma di resistenza, come il più salvifico dei contagi” (dall’introduzione alla raccolta).
1
Brindiamo alla bellezza sprovveduta,
ai ribelli, ai vulnerabili,
a chi ha le ossa ardenti,
a chi prende sul serio
i propri luoghi,
a chi ha tempo
per aggirarsi nei dintorni.
Brindiamo a chi lavora la terra,
all’acqua per il suo parlare
alle radici,
al sole,
silenzioso badante
delle foglie.
Brindiamo a chi è
qui a nutrirsi
assieme noi,
tante bocche,
un solo cuore.
Canto delle crepe
Amo i luoghi
pieni di crepe,
amo i vecchi,
i paesi abbandonati,
i dolori che ci aprono,
le gioie che portano il cielo
in ogni vena.
Hanno detto
che le crepe
fanno passare la luce,
ma poi
chi può le chiude.
Non è bello invecchiare,
perdere amici,
sonno, memoria,
non è bello sentire
che il tempo è poco,
la vita si guasta,
il dente annerisce,
il ginocchio cede.
Quello che conta però
è restare ospitali:
se passa la luna
nel tuo corpo
è bello che ancora
si senta a casa.
2
Nessuno ha il diritto
di privarci delle cose
più normali:
l’appuntamento
dal parrucchiere,
spostare dei libri,
aspettare tranquilli
la sera.
Nessuno può dirottare
la nostra vita
perché ha noia
della sua.
Neppure noi
abbiamo il diritto
di non capire la meraviglia
delle cose normali,
non c’è nessun bisogno
di vestire da capolavoro
ogni giornata.
Pensiamo al guadagno
di vedere un’alba,
di cenare con i nostri cari.
Pensiamo al piacere
di camminare
per le nostre strade,
di tornare a casa.
Non aspettiamo
la sventura
per ricordarci
la grazia
della piccola
e infinita vicenda
di stare qui
in un giorno qualsiasi.
3
Mi piacciono
le persone inattuali,
quelle capitate qui per caso,
quelle che non hanno paura
di parlare di Dio
e della morte,
che hanno
tristezze improvvise
ma sanno prendere
la gioia
da momenti qualsiasi.
Mi piacciono le persone
che hanno lotte antiche
negli occhi
e la pelle asciutta
e il cuore caldo
come panni al sole.
4
Abbiamo bisogno di poesia.
La poesia serve a capire
che la morte
è dentro la vita,
non è il suo contrario,
è il mistero
che ci accompagna,
non è l’estraneo
che ci agguanta.
Servono parole
che girino
nel fondo minerale
del corpo,
nel fuoco antico
dove si fanno
i vetri della paura.
Servono parole
che sappiano contare
i lampi sulle dita,
i segni che gremiscono
le foglie,
le ali degli insetti.
La poesia serve per salire
alle finestre alte,
alla purezza
chiara e semplice
di rimanere qui
per pochissimo,
per un niente.
5
Siamo come il cielo
per una nuvola,
come il ramo
per un passero,
siamo una bocca
per il bacio,
una lacrima
per dividere il dolore,
un tremore
per l’attesa.
Dobbiamo occupare
solo una piccola zona
di noi stessi,
il resto è luogo
di passaggio
per esseri umani,
animali, piante.
Noi siamo un albero
col vuoto dentro.
La lingua
è la nostra linfa.
6
I gatti non sono
mai adirati,
restano miti,
badano alla loro vita
senza pretendere nulla
più di quel che hanno.
C’è amore
nella loro lontananza:
il loro silenzio
è una forma perfetta
di eleganza.
7
Prometto
di restare fedele
alla luce,
di benedirla ogni giorno,
di aspettare dopo la notte
il suo ritorno.
Prometto
di dedicare tempo
ai morti,
accarezzargli la fronte,
stendermi accanto a loro.
Prometto
di combattere ancora
perché i paesi
non muoiano.
Prometto
di leggere ogni giorno
le parole di un poeta.
Prometto
di andare ogni tanto
in un ospedale
a visitare ammalati
che non conosco.
Prometto
di non lamentarmi
e di non recriminare,
di dare di più
e pretendere di meno.
Prometto
che se arriva
una dolcezza
non ci metto dentro
il mio veleno.
8
Il lutto degli altri,
il mal di cuore
di un uomo giovane,
le volpi che
non trovano cibo,
i palazzi dove sono
cadute le bombe,
il rossore dei timidi,
l’ansia di chi
aspetta il responso
di un esame medico.
Nel giorno ci sono
cose come queste
e c’è quella voce
che amiamo,
quella piazza,
un certo modo
di essere toccati,
e quegli occhi,
quella bocca,
quell’albero da solo
in mezzo alla campagna,
quella poesia.
Le cose che amiamo
durano moltissimo
anche quando
hanno vita breve.
9
Non ritroveremo
i nostri respiri.
Non andremo mai più
a vedere il mare.
Non vedremo mai più
un cane,
una rosa,
un lampione.
Essere qui
è una piccola,
breve,
irripetibile occasione