09 Marzo 2025

Anima mia, fa’ in fretta

Claudio Volpi
Anima mia, fa’ in fretta
Edvard Munch - Consolazione

La poesia di Giorgio Caproni Ultima preghiera descrive un viaggio dell’anima tra il rimpianto e la memoria, l’attesa e l’incontro mancato con Annina, la madre perduta del poeta. Siamo coinvolti in una intima preghiera, la città di Livorno si trasforma in uno sfondo per una ricerca impossibile, luogo di memorie smarrite e sogni interrotti. Si medita sul fallimento delle relazioni, sulla fragilità umana e sul desiderio di una riconciliazione non più possibile. Il tempo sembra sospeso tra la vita e la morte. Quasi un testamento poetico.  C’è poi ancora una sua brevissima poesia a chiudere, sempre a che fare sul senso dell’esistere. I poeti sono così.

 

Ultima preghiera.

Anima  mia, fa’ in fretta.

Ti presto la bicicletta,

ma corri. E con la gente

(ti prego, sii prudente)

non ti fermare a parlare

smettendo di pedalare.

 

Arriverai a Livorno

vedrai, prima di giorno.

Non ci sarà nessuno

ancora, ma uno

per uno guarda chi esce

da ogni portone, e aspetta

(mentre odora di  pesce

e di notte il selciato)

la figurina netta,

nel buio, volta al mercato.

 

Io so che non potrà tardare

oltre quel primo albeggiare.

Pedala, vola. E bada

(un nulla potrebbe bastare)

di non lasciarti sviare

da un’altra, sulla stessa strada.

 

Livorno, come aggiorna,

col vento una torma

popola di ragazze

aperte come le sue piazze.

Ragazze grandi e vive

ma, attenta! così sensitive

di reni (ragazze che hanno,

si dice, una dolcezza

tale nel petto, e tale

energia nella stretta)

che, se dovessi arrivare

col bianco vento che fanno,

so bene che andrebbe a finire

che ti lasceresti rapire.

 

Mia anima, non aspettare,

no, il loro apparire.

Faresti così fallire

con dolore il mio piano,

e io un’altra volta Annina,

di tutte la più mattutina,

vedrei anche a te sfuggita,

ahimè, come già alla vita.

 

Ricordati perché ti mando;

altro non ti raccomando.

Ricordati che ti dovrà apparire

prima di giorno, e spia

(giacchè, non so più come,

ho scordato il portone)

da un capo all’altro la via,

da Cors’Amedeo al  Cisternone.

 

Porterà uno scialletto

nero, e una gonna verde.

Terrà stretto sul petto

il borsellino, e d’erbe

già sapendo e di mare

rinfrescato il mattino,

non ti potrai sbagliare

vedendola attraversare.

 

Seguila prudentemente,

allora, e con la mente

all’erta. E, circospetta,

buttata la sigaretta,

accostati a lei soltanto,

anima, quando il mio pianto

sentirai che di piombo

è diventato in fondo

al mio cuore lontano.

 

Anche se io, così vecchio,

non potrò darti mano,

tu mormorale all’orecchio

(più lieve del mio sospiro,

messole in braccio in giro

alla vita) in un soffio

ciò ch’io e il mio rimorso,

pur parlassimo piano,

non le potremmo mai dire

senza vederla arrossire.

 

Dille chi ti ha mandato:

suo figlio, il suo fidanzato.

D’altro non ti richiedo.

Poi, và pure in congedo.

 

 

Tutti i luoghi che ho visto

Tutti i luoghi che ho visto,

che ho visitato

ora so, ne sono certo:

non ci sono mai stato.

Claudio Volpi

Nato ad Assisi, dove vive e lavora. Laureato in Lettere Moderne, si occupa di Arte e Antiquariato, ha una Galleria D’Arte nel centro storico della città. Dagli anni ottanta ha pubblicato diverse raccolte di poesie, l’ultima quest’anno con il volume “Voci Versate”, Casa Editrice Pagine Roma.

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