17 Novembre 2024

Alda Merini, ‘poetessa santa’.

Claudio Volpi
Alda Merini, ‘poetessa santa’.
Maddalena in estasi - Paolo Volponi

“Per provare ad avvicinarsi alla poesia di Alda Merini occorre una consapevolezza: quella, cioè, di un dono naturale, di un talento vertiginoso che l’autrice ebbe in sorte. Lei stessa, riferendosi alla propria opera, parlò ad un certo punto di un ‘fenomeno poetico’, qualcosa insomma di istintivo e profondo, quasi impresso a fuoco in lei”, scrive Daniele Piccini. Oggi pubblichiamo “alcune poesie scritte per Roberto Volponi, figlio dello scrittore Paolo, studente di filosofia fuori corso. Il giovane irrequieto e la poetessa santa, non ancora celebrata dal grande critico Raboni, erano diventati amici, lei gli raccontava la sua vita sgangherata e lui le donava giovinezza e utopie, sogni non ancora infranti, un ascolto sincero. Fu un vero dolore, l’ennesimo nella sua vita piena di lutti, che Alda Merini provò alla morte di lui, ventisettenne. Precipitato con l’aereo, di ritorno da Cuba, nell’agosto del 1989. Un viaggio che gli aveva regalato il padre, scrittore la cui fama all’epoca era assai più viva che adesso. A lui, a Paolo Volponi, la poetessa donò le poesie, ritrovate dall’altra figlia Caterina e adesso raccolte in questo libro ‘Di parlarti non ho coraggio’ (Interlinea). Foglietti, di commovente bellezza, sui quali Alda Merini batteva i suoi versi con una macchina da scrivere con i tasti dissestati e nastro scarico di inchiostro… Ci sono correzioni fatte con la penna, versi emendati, cancellature, ripensamenti… tutto il repertorio che si trova negli autografi, nei manoscritti. Lapsus, presenza fisica, rivelazione… Alda Merini è morta il primo novembre del 2009, lasciandosi dietro una scia di poesie dettate al telefono, molti aneddoti, e un amore che somiglia a un culto” (Elena Stancarelli). Come scrive la stessa poetessa, su cui ritorneremo nelle prossime domeniche, “I poeti lavorano di notte, quando il tempo non urge su di loro, quando tace il rumore della folla e termina il linciaggio delle ore”.

 

Lettere a Roberto

Mio discepolo eletto,

mi han portata via

la memoria che ti illuminava.

Un frangersi di nevi

che perenni osavano

sopra reti di fortuna.

Poco leggo e assai piango

e su Spoon River

questa ringhiera

in mura di ammalati

io sola saggia

leggo la fortuna.

Oh, illumina, Roberto,

la tua voce cara di giovanetto

che discende le vigne alate

del paterno regno.

Oh caro,

che segugio me sei stato!

Io lepre

corro per i miei destini

e tu ad innamorarmi.

Era un inverno

così crudo

che presi anche la tisi;

tanto io mi ammalai

quel grigio inverno

che dopo

non mi sono risanata.

 

A Roberto

Purissima ambizione la mia

che tocco le tue vesti

colme di ingegno e poi

ti lasciarono andare

le mie mani

come avessero avuto

la maggiore folgorazione.

In vita eri sì bello

che ogni profilo tuo

pieno di vento

diventava commiato

di parola.

Eri sì puro

come una medaglia,

ed io la medaglia

che mi sono sfatta

brillo appena di luce

sul tuo cuore.

 

1

Anima che gioiosa

dai la luce,

amore bello,

a gioia mi conduce.

O cavaliere

della mia ragione

sempre pronto

a duellar per far canzone.

Anima grande,

faccia di usignolo

che un giorno

tardò al mondo

e hai preso il volo.

Gioia delle albe

e gioia di fortuna

ti canto sempre

quando cade la luna.

Claudio Volpi

Nato ad Assisi, dove vive e lavora. Laureato in Lettere Moderne, si occupa di Arte e Antiquariato, ha una Galleria D’Arte nel centro storico della città. Dagli anni ottanta ha pubblicato diverse raccolte di poesie, l’ultima quest’anno con il volume “Voci Versate”, Casa Editrice Pagine Roma.

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