“Per provare ad avvicinarsi alla poesia di Alda Merini occorre una consapevolezza: quella, cioè, di un dono naturale, di un talento vertiginoso che l’autrice ebbe in sorte. Lei stessa, riferendosi alla propria opera, parlò ad un certo punto di un ‘fenomeno poetico’, qualcosa insomma di istintivo e profondo, quasi impresso a fuoco in lei”, scrive Daniele Piccini. Oggi pubblichiamo “alcune poesie scritte per Roberto Volponi, figlio dello scrittore Paolo, studente di filosofia fuori corso. Il giovane irrequieto e la poetessa santa, non ancora celebrata dal grande critico Raboni, erano diventati amici, lei gli raccontava la sua vita sgangherata e lui le donava giovinezza e utopie, sogni non ancora infranti, un ascolto sincero. Fu un vero dolore, l’ennesimo nella sua vita piena di lutti, che Alda Merini provò alla morte di lui, ventisettenne. Precipitato con l’aereo, di ritorno da Cuba, nell’agosto del 1989. Un viaggio che gli aveva regalato il padre, scrittore la cui fama all’epoca era assai più viva che adesso. A lui, a Paolo Volponi, la poetessa donò le poesie, ritrovate dall’altra figlia Caterina e adesso raccolte in questo libro ‘Di parlarti non ho coraggio’ (Interlinea). Foglietti, di commovente bellezza, sui quali Alda Merini batteva i suoi versi con una macchina da scrivere con i tasti dissestati e nastro scarico di inchiostro… Ci sono correzioni fatte con la penna, versi emendati, cancellature, ripensamenti… tutto il repertorio che si trova negli autografi, nei manoscritti. Lapsus, presenza fisica, rivelazione… Alda Merini è morta il primo novembre del 2009, lasciandosi dietro una scia di poesie dettate al telefono, molti aneddoti, e un amore che somiglia a un culto” (Elena Stancarelli). Come scrive la stessa poetessa, su cui ritorneremo nelle prossime domeniche, “I poeti lavorano di notte, quando il tempo non urge su di loro, quando tace il rumore della folla e termina il linciaggio delle ore”.
Lettere a Roberto
Mio discepolo eletto,
mi han portata via
la memoria che ti illuminava.
Un frangersi di nevi
che perenni osavano
sopra reti di fortuna.
Poco leggo e assai piango
e su Spoon River
questa ringhiera
in mura di ammalati
io sola saggia
leggo la fortuna.
Oh, illumina, Roberto,
la tua voce cara di giovanetto
che discende le vigne alate
del paterno regno.
Oh caro,
che segugio me sei stato!
Io lepre
corro per i miei destini
e tu ad innamorarmi.
Era un inverno
così crudo
che presi anche la tisi;
tanto io mi ammalai
quel grigio inverno
che dopo
non mi sono risanata.
A Roberto
Purissima ambizione la mia
che tocco le tue vesti
colme di ingegno e poi
ti lasciarono andare
le mie mani
come avessero avuto
la maggiore folgorazione.
In vita eri sì bello
che ogni profilo tuo
pieno di vento
diventava commiato
di parola.
Eri sì puro
come una medaglia,
ed io la medaglia
che mi sono sfatta
brillo appena di luce
sul tuo cuore.
1
Anima che gioiosa
dai la luce,
amore bello,
a gioia mi conduce.
O cavaliere
della mia ragione
sempre pronto
a duellar per far canzone.
Anima grande,
faccia di usignolo
che un giorno
tardò al mondo
e hai preso il volo.
Gioia delle albe
e gioia di fortuna
ti canto sempre
quando cade la luna.