C’è un’intima connessione tra cibo e religione, perché l’alimento come offerta e segno di devozione, da tempo immemorabile, è uno dei tramiti privilegiati tra l’uomo e la sfera divina, in bilico tra venerazione e superstizione. Le feste legate al culto dei santi contemplano il consumo di un alimento rituale e, calendario alla mano, troviamo molti santi che hanno il loro nome legato chi a una torta, chi a dei biscotti o tante altre bontà spolverate di zucchero.
Il 19 marzo si festeggia San Giuseppe, il padre di Gesù e il principale piatto a lui dedicato sono le frittelle (si dice che dopo la fuga in Egitto avrebbe fatto il venditore di frittelle). In alcune chiese francescane o legate al culto di Sant’Antonio, il 13 giugno si era soliti benedire dei semplici pani dolci, tipo piccoli maritozzi, che poi venivano distribuiti ai fedeli. Ciò accadeva anche ad Assisi fino a qualche decennio fa, nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva.
Un altro piatto rituale molto antico sono i maccheroni dolci con le noci, la cui origine si fa risalire agli Etruschi. In Assisi si preparano per la Festa dei Morti per accogliere le anime dei defunti che tornano a farci visita dall’aldilà. Infine i mostaccioli preparati per la Festa di San Martino o comunque nel periodo della raccolta dell’uva e della vendemmia. Sono a forma di piccola ciambella, per l’impasto si utilizza il mosto al quale si aggiunge sia l’uvetta sultanina che l’anice. La consuetudine della loro preparazione esprime un senso di appartenenza che è insieme comunitario e familiare. I molti conventi di Assisi conservano antiche ricette, ma ogni famiglia tiene alla propria tradizione, e tutti si vantano della bontà della propria ricetta, che non potrà mai essere superata da un’altra “perché quella che fa mamma mia è più bona”.
brevi note etimologiche di Carla Gambacorta
Zucchero (in antico anche zuccaro) discende dal latino saccharum (così come la voce dotta saccaro– che troviamo ad esempio in saccarosio), a sua volta dal greco sakcharon,derivato dall’arabo sukkar, ma il tutto dal sanscrito śarkarā, cioè ‘grani di sabbia’. La voce indicava inizialmente lo zucchero di canna e in séguito quello di barbabietola.
L’ascolto musicale
a cura di Umberto Rinaldi
È l’ultima dolce voce di questa lunga sequenza di abbecedario. Come a compimento di un gustoso ottimo pranzo fra amici collaboratori ecco una esclamazione condivisa: Alleluja!
Ascolto: Pentatonix, Hallelujah