Per lungo tempo al Convitto nazionale il taglio dei capelli non fu un fatto traumatico, in primo luogo perché si ripeteva regolarmente per tutti i ragazzi dentro e fuori il collegio, e poi perché era uno degli atti finalizzati al rispetto delle regole come base sostanziale di civile convivenza, e perciò non veniva vissuto come un obbligo.
Anche l’uso della divisa, la pulizia quotidiana del corpo, il rifacimento del letto e la messa in ordine dell’armadietto erano operazioni che servivano ad acquisire un comportamento basato sul rispetto.
Le regole non sembravano rigide perché la società all’esterno forniva meno opportunità della vita in collegio, dove si potevano praticare varie attività: palestra, basket, fioretto, scuola di pianoforte e chitarra. E poi c’era una bellissima divisa per le cerimonie e le uscite. Inoltre si assisteva a spettacoli teatrali e cinematografici nel salone di rappresentanza e, in estate, la stragrande maggioranza dei collegiali andava in colonia a Cesenatico per un mese!
Erano privilegi che compensavano la tristezza di molti per la lontananza degli affetti familiari, e inoltre preparavano ad una vita sicuramente più serena e migliore. Del resto, nei decenni del dopoguerra la società italiana tutta si avviava verso un miglioramento complessivo. In seguito, i cambiamenti del costume indotti condussero anche in Convitto, benché con un po’ di ritardo, a un allentamento delle regole, compreso il taglio della “zazzera”. Ma una cosa non cambiò: benché i convittori provenissero da tutta Italia, dal lago di Como a Trapani, alla fine del loro percorso tutti avevano acquisito una consapevolezza culturale forte e l’uso della lingua italiana senza inflessioni. Non si facevano più battute sulle origini regionali: erano tutti italiani.
Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
Zazzera risale al longobardo zazera o zazza ‘ciocca di capelli’ e indica un tipo di capigliatura maschile lunga fino alle spalle. In antico la voce veniva usata anche per ‘parrucca’ (nell’espressione zazzera posticcia) e altresì per ‘ciuffo che ricade sulla fronte’, come si legge in Vasari quando scrive che la regina Teodolinda «fece dipignere la storia de’ Longobardi, dove si vedeva che églino dalla parte di dietro erano rasi e dinanzi avevano le zazzere, e si tignevano sino al mento».
Suggerimento musicale a cura di Franco Rossetti e Claudia Rossetti
Traduzione e adattamento della poesia del 1920 di S. Esenin “Confessioni di un teppista”; ascoltare attentamente l’ultima strofa. Una piccola curiosità: Caparezza ha campionato una parte di questo brano nel suo singolo “La fitta sassaiola dell’ingiuria” (approvata dall’autore): provate a immaginare le due teste affiancate.
Confessioni di un malandrino – Angelo Branduardi, 1975