Assisi e la veglia. O meglio, le veglie! Infatti, definire univocamente il rapporto che esiste tra la città e la più sacra tra le attese, è fare ingiustizia: qualcuno finirebbe per forza scontento. C’è la veglia ancora sentita nel petto dei più credenti, assorti in preghiera. C’è poi quella più legata alla sfera emotiva della nostalgia di chi affronta la privazione fisiologica del sonno in Basilica, in Cattedrale o nella sede Vescovile se non altro per “tradizione”. C’è la veglia dei secolarizzati, impegnati fino a tarda notte nella sessione inaugurale dei tornei di Risiko/Tombola in famiglia – quando numerosa – o con gli amici (se non si arriva al quorum autarchicamente). E c’è la veglia dei giovani, che somiglia sempre più ad un’ennesima, probabilmente anonima, serata passata al bar della città ancora aperto – cornice impensabile per le generazioni che li hanno preceduti -.
Ma ci sono anche quelle veglie che fanno parte del passato recente della città, al quale ancora attingiamo con gratitudine grazie ai racconti di genitori e nonni. Giunge in particolare il ricordo romantico di un silenzio reverenziale che cala sulle campagne delle Viole, come in un Sabato del Villaggio. Col buio, al rientro dalla funzione religiosa, i più piccini – disgraziati ma contenti – preparavano con cura la paglia per l’asinello col quale “‘ll Bambinello”, di casa in casa, sarebbe passato a lasciare anelati doni: niente più di un’arancia, qualche mandarino, una preziosa “palletta di fichi”, una graziosa bamboletta di zucchero e una manciata scarsa di caramelle.
Anche il pasto della vigilia differiva. Senza dubbio sulla base del rango sociale, ma una regola era ferrea, e lo era per tutti: “se magnava de magro” e solo a cena: baccalà alla brace, maccheroni dolci, e via, tutti a Messa.
Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
Veglia, ‘lo stare sveglio’, e in particolare durante la notte o in parte di essa, risale al latino vigilare (formatosi dall’aggettivo vigil, vigilis ‘sveglio, attento, sollecito’), che ha dato come esito in italiano la voce dotta vigilare (e vigiliam e quindi l’italiano vigilia), ma, attraverso il provenzale antico velhar, anche la forma vegliare,da cui appunto si ha la nostra voce veglia.
Suggerimento musicale a cura di Roberto Vaccai
Vegliare è anche prendersi cura e proteggere qualcuno.
Ascolto: My baby just cares for me
Nina Simone