I giorni sfilati lungo l’estate 2021, “post-covid” hanno detto gli ottimisti, sono stati un vettore che ci ha allontanato sempre di più da una delle pause più globali che il mondo civilizzato abbia mai conosciuto nella sua storia millenaria. Nel fermarsi degli insostenibili ritmi di vita e di produzione che scandiscono la giornata, sono sembrate per un attimo vacillare anche le certezze delle sue classi dirigenti “illuminate”, che avevano costruito un mondo plasmato sulla convinzione di uno sviluppo infinito all’interno di un ambiente che risponde alle logiche dei limiti imposti dalla natura. E ha rifatto capolino il pensiero utopico. Epperò la consistenza della vita e dei valori in vigore oggi in una parte delle società governata dal libero mercato ha investito dell’aura dell’utopia concetti come uno spazio pubblico nuovamente luogo di confronto e dibattito nella piena disposizione dei cittadini, un’amministrazione che non releghi a privilegi straordinari il governo del territorio e la garanzia dei minimi diritti di cittadinanza in merito a scuola, casa e salute, un patrimonio naturale, culturale e sociale sedimentato avocato dalle logiche di mercificazione e estrazione. La sensazione è che l’arretramento nel campo dei diritti fondamentali e nei valori identitari della cultura contemporanea, sia tanto e tale che per raggiungere l’eutopia di Tommaso Moro, un mondo migliore, gli orizzonti a cui rivolgersi di cui parlava Galeano siano molto ma molto più bassi di quelli che muovevano le istanze dei nostri padri. Anche a Assisi. Oggi soprattutto a Assisi.
L’isola che non c’è – Edoardo Bennato