Assisi è in ritardo; una frase che si sente spesso.
Essere in ritardo non vuol dire solo metterci più tempo ma presuppone anche star andando da qualche parte.
Quindi, dove sta andando Assisi?
La modernità intesa come innovazione non è certo un concetto univoco e non ci si può aspettare di avere uno skyline ai piedi della città per essere al passo coi tempi. Non sarà l’accumulo di tecnologia a rendere Assisi migliore e neanche il paragone sterile con altre città, che sono organismi differenti. Costruire il progresso è scegliere con consapevolezza un percorso adatto alle proprie possibilità, necessità e ai propri ritmi, avere il coraggio di intraprendere piccole e grandi rivoluzioni, lasciare libero respiro ai giovani, sui quali il peso del “tardi” è più che mai amplificato.
Inoltre, viene naturale chiedersi come una città congelata nella sua forma di città-museo, possa essere effettivamente struttura a sostegno dello sviluppo e luogo di realizzazione, non di passaggio, delle idee “giovani” di cambiamento.
Se non si possono cambiare le cose, si può cambiare la relazione che ci collega a loro. La sensazione di “ritardo” potrebbe derivare da un percorso confuso, una direzione non chiara, dove ciò che muove è il timore di restare indietro. Per un ragazzo che vive questa realtà, la risposta automatica diventa cercare da altre parti quello che si vorrebbe qui. Sentire di rimanere indietro senza la consapevolezza della complessità in cui siamo calati, può portare a corse inutili e cieche. Far governare la fretta favorisce soluzioni dal “tutto e subito”. Non permette di capire dove si è arrivati e accogliere ciò che, dal mondo, può essere riadattato per la città.
È tardi per dire che Assisi ha sbagliato strada.
Non è mai tardi, forse, per smettere di stare fermi e provare a cambiare.
How Soon is Now?The Smiths – the Name