L’esaltante e vittorioso Europeo 2021 ha innegabilmente risvegliato emozioni e ricordi, specialmente nei “diversamente giovani” nati negli anni 60’, adolescenti negli anni 70’ quando il calcio era lo sport più diffuso.
Alla base delle partite tra i ragazzi di allora c’era l’Onore, quel principio di correttezza e onestà tra i partecipanti che generava regole non scritte (e talvolta nemmeno dichiarate verbalmente) che vigilavano sulle estemporanee dispute sportive. “In quel tempo” si giocava ovunque: con un pallone di plastica partiva il pomeriggio e ci si sentiva Causio e Antognoni. Si giocava per ore con il numero e la qualità dei calciatori che variava continuamente a seconda di chi arrivava o partiva. Sovente capitava di essere, alla conta, dispari ed allora ecco la “porta romana”, una unica rete con il portiere che parava i tiri di ambedue le formazioni. E in questo caso ancor di più era necessario partecipare con Onore, rispettando le regole e gli avversari. Non essendoci poi mai l’arbitro, gli eventuali falli e, nei casi più drammatici i rigori, potevano essere accordati solo con un consulto tra i giocatori che doveva concludersi in un giudizio condiviso dalla maggioranza, una sorta di consiglio democratico sul campo che limitava qualche parapiglia sempre possibile.
Ma Onore usato al plurale significa anche prestigio e riconoscimenti autorevoli: qual è stato allora il premio di questi attimi condivisi? Non certamente gloria o fama ma l’incommensurabile piacere di ridere e scherzare, di prendersi in giro e di giocare, di sfogarsi liberamente, di salire insieme la scala della vita imparando per similitudine la convivenza e restando lontani da tentazioni come alcool e droga, che oggi sembrano sempre più presenti ed accettati nella quotidianità degli adolescenti.