05 Febbraio 2021

Nonnismo

Paolo Buzzao
Nonnismo

“Ubi maior, minor cessat!”. Così sentì tuonare quell’istitutore alla prima supplenza che aveva portato la sua squadra di convittori a fare una partita di calcio. Ad invitarlo a lasciare il campo libero era stato un collega più anziano, titolare di una squadra di grandi, giunti subito dopo. Il giovane non individuò, negli occhi del collega, il cedimento alla tentazione di menarlo un po’ per il naso, e quindi se ne andò. Tornando, pensò che l’episodio testimoniasse un’usanza diffusa. Ma le decise proteste (“non ci doveva portare via, prof”) dei suoi convittori, gli fecero capire che la realtà era un’altra: il nonnismo, di cui credeva di essere stato vittima, in Convitto non esisteva.
Perché i ragazzi provenivano da realtà molto simili: erano tutti orfani di maestri elementari; per loro, il collegio era una famiglia allargata, di cui erano i numerosi fratelli: non a caso, ancora oggi, gli ex si chiamano “fratelli convittori”. Per la presenza continua dell’autorità, che li accompagnava 24 ore al giorno, riducendo gli spazi per prepotenze anche occasionali.  Perché, a chiudere gli interstizi rimanenti, pensavano le amicizie personali, che costringevano l’aspirante “nonno” ad affrontare non una vittima, ma due, tre, quattro, cinque, e i fratelli maggiori, spesso presenti nelle altre squadre, che calavano a protezione del proprio familiare.
Certo, erano normali scherzi (il sacco, il dentifricio, una moderata cappotta), a volte avvertimento del gruppo verso qualcuno colpevole di mancanze nei confronti dello stesso; e qualche ruvido benvenuto, come quello cui era stato sottoposto il giovane istitutore, ma il tutto in un contesto generale di pacifica convivenza e, spesso, collaborazione e solidarietà.
In Convitto non c’era il nonnismo, c’era il non-nismo.

Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta

Nonnismo è un derivato di nonno che proviene dal tardo latino nonnus ‘balio’ del linguaggio infantile (con ripetizione cioè di sillabe), più il suffisso –ismus, e nel latino ecclesiastico la voce è passata a indicare il ‘monaco’, ma più in generale era un titolo reverenziale dato a persone di età avanzata degne di rispetto. Nel linguaggio militare indica ‘chi, dopo aver accumulato un certo periodo di servizio, si comporta con prepotenza verso i meno “anziani”, esigendo privilegi e pretendendo favori’.

Suggerimento musicale a cura di Franco Rossetti e Claudia Rossetti

Si parla sempre di una comunità, di un branco relativamente chiuso, anche se con possibilità di brevi evasioni, e le leggi del branco talvolta comportano sofferenze per i più deboli. Qui la situazione è estremizzata e le conseguenze irreparabili, ma gli ambienti hanno molte somiglianze.

Ascolto: Morire di levaClaudio Lolli, 1973

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