18 Giugno 2020

Infelicità

Francesco Lampone
Infelicità

Che l’infelicità abbia un nesso con la devozione è un fatto, senza essere perciò una necessità: può ben accadere che un disagio intimo e profondo ci avvicini alla trascendenza, e per questa via ad una nuova letizia radicalmente diversa. Non comincia così anche la storia di Francesco di Assisi? Ma ogni bravo assisano, meglio se avanti con gli anni, ha appreso come nel linguaggio l’infelicità non sia solo uno stato d’animo augurabilmente transitorio. È bene che i più giovani sappiano che, quando il politicamente corretto era ancora una pratica puritana e autoreferenziale confinata nei circoli radical-chic anglosassoni, gli assisani non si peritavano di chiamare negro un uomo di colore e sordo un non udente, senza neppure sognarsi di essere perciò offensivi. Terreno minato, ormai. Non meno innocente nelle intenzioni (ma di buone intenzioni, si sa, è lastricata la strada dell’inferno) era la parola infelice, corrente per designare chi avesse subito una qualche minorazione fisica. Per quanto ora si fatichi a crederlo, si usava infelice per delicatezza, in alternativa a repertori ben più duri. L’infelicità era, nell’uso assisano, ben localizzata: si diceva infelice da un piede, da una gamba, da un braccio… Lo si diceva con pena e partecipazione, un po’ sottovoce, e la parola evocava da sé un destino morale difficile da contrastare, ingiusto come la vita sa esserlo quando vuole. La sua instancabile sequela di successori (minorato, handicappato, portatore di handicap, disabile, diversamente abile…) ha molti meriti e ancor più buone intenzioni, ma sembra raffreddarsi progressivamente. Dovrebbe forse cercare un po’ di calore, sentimento, verità, mistero e devozione in una vecchia parola… magari infelice, ma non ipocrita.

brevi note etimologiche di Carla Gambacorta

Infelicità è voce dotta, dal latino infelicitatem, composta da in con valore negativo e felicitatem, derivato da infelicem,a sua volta da felicem (dalla stessa radice di fecundus ‘fecondo’), che in latino aveva vari significati, tra cui ‘felice, favorevole, copioso, fertile’. Tra il Settecento e l’Ottocento la voce infelice è passata a indicare anche ‘chi è affetto da infermità mentale o da grave imperfezione fisica’.

L’ascolto musicale
a cura di Umberto Rinaldi

Molteplici le cause e spesso irrisolte o irrisolvibili. La più dolorosa infelicità è nei ricordi dolci e amari.

Ascolto: Whitney Houston, Will Always Love you

Francesco Lampone

Lavora come responsabile dell’Area Legale e Relazioni Internazionali dell’Università per Stranieri di Perugia. Si occupa occasionalmente, per passione, della storia di Assisi. Ha pubblicato per le edizioni Assisi Mia, in collaborazione con Maria Luisa Pacelli, il volume: Assisi: un viaggio letterario, dove si esplora l’identità cittadina attraverso lo sguardo di cento visitatori illustri.

Seguici

www.assisimia.it si avvale dell'utilizzo di alcuni cookie per offrirti un'esperienza di navigazione migliore se vuoi saperne di più clicca qui [cliccando fuori da questo banner acconsenti all'uso dei cookie]