Il numero di matricola era quello e quello restava, veniva applicato su qualsiasi indumento che si buttasse in una cesta per essere lavato. Nella stessa cesta veniva riconsegnato. Il luogo di arrivo e partenza era il guardaroba-lavanderia. Un luogo a parte, posto in alto rispetto al resto del Convitto, che si raggiungeva dopo una salita interna, parallela alla strada che collega Piazza Nova a Porta Cappuccini
Accanto alla porta d’ingresso del guardaroba vi era un’altra porta, pertugio prezioso. Entrando in lavanderia sembrava di essere in tutt’altra dimensione: odore di bucato, panni stesi e in più una mezza dozzina di donne addette al compito. Altra atmosfera, altri profumi, altri suoni e rumori rispetto al resto. Queste erano le uniche presenze femminili nel Convitto e con il tempo diventavano un po’ mamme, confidenti, consolatrici, per tutti ma soprattutto per i più piccoli che sentivano potente nostalgia della propria famiglia.
Ma vale la pena di tornare al “pertugio prezioso”. Dopo aver studiato le mosse di chi doveva sorvegliare, proprio da lì si poteva uscire di nascosto per lo “struscio” sulle strade di Assisi. Erano i tempi dei primi amori: gli abbocchi, gli sguardi, le intese, gli appuntamenti. Serviva un tempismo perfetto sia per scappare che per tornare. La salita di San Rufino fatta di corsa spezzava il fiato. Soprattutto d’inverno, il vento sotto l’Arco ributtava indietro come per dire al fuggiasco: “torna sui tuoi passi, che si sta meglio”.
Di nascosto e sempre con l’ansia dei controlli, si rientrava in Convitto, dalla stessa porta complice. Lì c’erano ancora le donne del guardaroba, che salutavano con un sorriso d’intesa. Se contattate dagli istitutori per informazioni avrebbero retto il gioco.
Altri tempi, ricordi di vita e d’amore.
Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
Guardaroba è voce composta dal prefissoide guarda– ‘chi guarda, cioè sorveglia’ – da guardare che risale al francone wardon con sviluppo nella nostra lingua di w– germanico a gu– (tecnicamente, nesso labiovelare sonoro, come in guerra o in guarnire, rispettivamente dal germanico werra e warnian) – più roba, anch’essa dal francone rauba, con normale evoluzione del dittongo tonico au a o aperta.
Suggerimento musicale a cura di Franco Rossetti e Claudia Rossetti
Un vestito per ogni stagione, adattato ai sentimenti che la protagonista prova, in un flamenco d’autore (Ennio Morricone e Franco Migliacci).
Quattro vestiti – Milva, 1962