22 Dicembre 2020

Fuoco

Carla Gambacorta
Fuoco

Si potrebbe dire che dicembre, mese in cui declina l’autunno, per gran parte forgiato dal buio, abbia un particolare legame con il fuoco, che viceversa evoca istantaneamente un chiarore. E non solo perché il 21 cade il solstizio d’inverno e la preziosa “palla di fuoco”, dispensatrice di luce e calore, ritorna nel nostro emisfero a eccellere via via sulla notte, ma anche perché dicembre è percorso da consuetudini connesse con il fuoco, con il quale si apre, si svolge e si chiude. Si apre. Ad Assisi da decenni gli “Amici della Montagna” il 7 pomeriggio, con l’accensione di un suggestivo ampio cono di frasche, fronde e rametti, poi in fiamme sul blasonato colle della Rocca Maggiore, perpetuano l’antica usanza religiosa del fuoco devozionale, il cosiddetto “focaraccio” della Madonna. Si chiude. Anche da noi una diversa tradizione, che richiama comunque il fuoco e stavolta territorialmente estesa, è quella dovuta all’arte pirotecnica, che dà vita al rituale spettacolo con il quale tramonta dicembre e sorge gennaio: i fuochi d’artificio, che quasi rincorrendosi sfavillano con tonanti multicolori in pianura e nel cielo di Assisi, lasciandosi dietro, alla fine, un inaspettato silenzio arsiccio. Ma il fuoco per eccellenza, che un tempo accompagnava la vita in inverno ed era attributo necessario per cucinare e per scaldarsi, è quello del camino, attualmente vanto di chi ne dispone. E proprio a dicembre ancor oggi, da usi remoti, ogni focolare ospita un bel pezzo di tronco d’albero, il ceppo, che, acceso il 24 sera, è consumato dolcemente dalla sua stessa brace paziente, e ricorda che il fuoco, quell’elemento che di continuo si trasforma e trasforma voracemente, può essere, visto così, intimo, riflessivo, rasserenante. Proprio come la notte di Natale.

Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta

Fuoco, con dittongamento in italiano della o tonica aperta (mentre in vari dialetti rimane foco), proviene dal latino focum (forse dalla stessa radice di foveo ‘riscaldo’), che per metonimia passò a indicare generalmente il ‘fuoco’, mentre in origine significava propriamente ‘focolare’ (dal latino tardo focularem, da foculus, diminutivo di focus), quella parte del camino in cui viene appunto acceso il fuoco.

Suggerimento musicale a cura di Roberto Vaccai

La roulotte dove viveva con la sua famiglia fu distrutta da un incendio, e Django riportò gravi ustioni che gli causarono la perdita di buona parte della mano sinistra cioè quella che usava sula tastiera della sua chitarra. Buon ascolto

Ascolto: Nuages

Django Reinhardt

Carla Gambacorta

Professore aggregato di Filologia italiana (SSD: L-FIL-LET/13) all’Università per Stranieri di Perugia.

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