Come tanti altri fenomeni perfettamente immateriali, e perdipiù radicalmente intimi, la devozione si misura poco e male, anche quando si indaga una collettività. Nel 1474 Antonio Campano scriveva che gli assisani “sono tanto attaccati alla religione, che non v’ha, non solo nell’Umbria, ma in tutta Italia, verun popolo che mantenga intorno a 400 religiosi”. Da allora i religiosi sono aumentati, ma da tempo fanno poco conto sulla generosità degli assisani. Altri indicatori più attuali sono quasi altrettanto scoraggianti. Possibile che gli assisani siano i soli immunizzati dal contagio mistico della città serafica, altrimenti irresistibile anche al netto della secolarizzazione galoppante? Assisi è un luogo privilegiato dello spirito a patto di non esserci nati? Forse è legittimo domandarsi se, sociologicamente ma anche teologicamente, una comunità possa vendere industrialmente la devozione un tanto all’etto, o al pezzo, o a notte, e insieme praticare la stessa devozione con sincerità e partecipazione. La risposta è tanto più imbarazzante quanto la modernità richiede quasi suo malgrado, al fedele assiduo come al simpatizzante distratto, una sincerità di partecipazione ignota alla religiosità preconciliare, ben più passivamente presupposta. Eppure un subdolo punto di equilibrio sembra essersi installato, come se l’eccesso di spiritualità che tracima dagli ispirati visitatori di Assisi potesse sotterraneamente compensare il difetto di devozione dei suoi cittadini. Forse sì: basta non pensarci troppo.
brevi note etimologiche di Carla Gambacorta
Devozione è voce dotta, dal latino devotionem, a sua volta da devotus, participio passato di devovere, cioè ‘offrire in voto’. Dall’originario sacrificio offerto agli dei, divenne ‘sacrificio di sé stessi, sottomissione a Dio’ e ‘sentimento di intensa pietà religiosa’, per poi indicare genericamente un ‘profondo rispetto’. Una forma diffusa di devozione è l’ex voto, che è appunto un’offerta a Dio, alla Madonna, o ai santi per grazia ricevuta o per adempiere a una promessa fatta. Al plurale, le devozioni sono le preghiere recitate la mattina e la sera.
L’ascolto musicale
a cura di Umberto Rinaldi
La più copiosa invocazione di grazia è rivolta alla Madonna. Il ritmo prevalente dei canti devozionali è il passo processionale, ma spesso il popolo cede all’eccitazione, come in questo caso.
Ascolto: Madonna delle Grazie, Nuova Compagnia di Canto Popolare, alla Rai di Napoli