20 Dicembre 2020

Decorazioni

Gabriella Molini
Decorazioni

Il Rinascimento pone una cesura tra le Belle Arti e le Decorative. Pur elevando entrambe il comune senso estetico, le prime sostennero la contemplazione intellettuale, le altre sancirono un indissolubile connubio tra creatività e produzione artigianale. Quando ci accingiamo alle decorazioni di circostanza, animati dallo spirito del Natale, il desiderio di dare lustro alle dimore non può sottrarsi alla manualità. Rinveniamo nella autentica tradizione soltanto gli ornamenti che hanno forma dalle nostre mani. Il saccheggio degli occasionali mercatini è una deriva commerciale priva di storia. Quello di Bolzano, ritenuto il più datato d’Italia, ha un trascorso di appena 30 anni. Se Assisi non avesse svenduto anche l’anima, ben più antico sarebbe stato il secolare appuntamento presso la Piazzetta dell’Erba. Mentre le villanelle godevano del riposo invernale, gli uomini delle campagne trasformavano il taglio del sottobosco in veri trionfi su canestre e crini. Alloro, vischio, corbezzoli, pungitopo, agrifoglio, ginepro e melette, come usciti da una cornucopia, venivano offerti per poche lire alle donne di città. Quasi tutte avevano già in testa delle corone. Intrecciando foglie, frutti, colori e profumi fiorivano ghirlande da appendere alle porte o porre al centro della tavola. Le composizioni rivelavano sempre equilibrio armonico e cromatico, pur utilizzando una materia prima che non consentiva costrizioni e repliche seriali. Solo pezzi unici. Nemmeno un’arte minore può tollerare l’omologazione.

Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta

Decorazioni, ‘ornamenti, abbellimenti, adornamenti’, è voce dotta dal tardo latino decorationem, a sua volta da decorare, derivato di decor, dal verbo decēre ‘essere conveniente, bello, adatto’ (da cui anche il participio presente decente), dalla stessa radice indoeuropea di dignus ‘degno’. La voce entra in italiano solo verso la fine del XVII secolo.

Suggerimento musicale a cura di Roberto Vaccai

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