Il Convitto Nazionale Principe di Napoli è quel massiccio edificio che si colloca in una posizione privilegiata all’interno delle mura della città di Assisi, e non è di certo bello: nemmeno un po’.
Già negli anni ‘50 l’urbanista Giovanni Astengo ne parlò come “enorme massa di pietra, ad archi e bifore, parodia gigantesca delle modeste, graziose ed autentiche case medievali demolite per far posto al mostruoso casermone”. E ad oggi la percezione di questa architettura non è di certo cambiata: un grosso fuori scala in pietra, sentito come lontano dalla città. La costruzione, inaugurata nel 1925 e opera dell’architetto Armanni, ha modificato l’assetto della città occupando un grande vuoto e modificando la conformazione della viabilità storica. Di fatto è stata cancellata una strada che da Porta Cappuccini faceva arrivare a Piazza Nuova e da cui si poteva vedere la cupola di San Rufino.
Il Convitto però è anche molto altro, è uno “scatolone di potenzialità”! Occupa una posizione strategica, è in alto e gode di punti di vista incredibili sulla città, sorge in adiacenza al Pincio, ha spazi interni molto grandi adibiti alla funzione scolastica con tanto di mensa, teatro e palestra, aree verdi piccole e grandi: oggi una vera e propria ricchezza.
Immaginiamo che Assisi possa mettersi un po’ di più in relazione con il Convitto.
Immaginiamo una nuova strada pedonale che attraversi il Convitto e che lo unisca ad Assisi, legandoli. Una nuova strada inclusiva che possa farci ripercorrere quella via che non c’è più e immaginiamo che lungo questa via si possa stare, possano esserci dei nuovi spazi pubblici più o meno grandi, immaginiamo di guardare verso la Rocchicciola e poi di girarci verso la Rocca, verso San Rufino, verso Santa Chiara.
Che bello il Convitto!
Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
Architettura, fondamentalmente ‘arte di progettare edifici’, è voce dotta, dal latino architectura, con semplice passaggio in italiano del nesso ct alla geminata tt. Il “capostipite” architetto è dal latino architectum, a sua volta dal greco architécton, formato da archi-, che designa primato, principio, superiorità, e técton ‘costuttore’, dalla radice taksh ‘comporre, fare’. La terminologia italiana legata a quest’arte affonda in gran parte le sue radici nel Rinascimento, periodo in cui vennero tradotte opere classiche di questo argomento, primo tra tutti Vitruvio.
Suggerimento musicale a cura di Franco Rossetti e Claudia Rossetti
Un concetto del termine non limitato all’aspetto esteriore, materiale, ma che ne comprende anche implicazioni psico-affettive e contemplative.
Ascolto: Caro architetto – Daniele Silvestri, 2011