Pochi minuti sono necessari a far bruciare il tabacco di una sigaretta. Ma il tabacco, anche a Tordibetto, assume un valore che va molto al di là di una semplice sigaretta: è una storia che parla di terra, campi, seme e acqua, e con loro anche di impegno, passione e riscatto umano. Siamo a metà degli anni Quaranta, quelli, difficili, della ricostruzione, quando anche da Tordibetto le cosiddette “tabacchine” si recavano quotidianamente al lavoro nei campi del rag. Francesco Giontella, in sella alla loro bicicletta, spesso in compagnia di un passeggero alquanto ingombrante e scomodo, la “stilografica” (ovvero la zappa); oppure direttamente nei locali che ospitavano il tabacchificio, a Bastia, per lavorare le piante già raccolte. Al sorgere del sole le tabacchine erano già all’opera: ad attenderle c’era una giornata di duro lavoro, lenito, laddove possibile, dai canti della tradizione popolare. Forte era il legame, professionale e umano, stabilitosi tra i lavoratori e l’imprenditore, illuminato da una visione avvenieristica della fabbrica, che lui stesso volle dotare di un asilo nido, a sostegno delle giovani lavoratrici, e, per gli anziani, di una casa di riposo. Fu, per molte famiglie, un’autentica rinascita: non soltanto una fonte di reddito e sostentamento, ma, per le donne, un mezzo attraverso il quale poter conquistare una più dignitosa posizione sociale. E questa dimensione riusciva ad esorcizzare in loro ogni fatica e ogni paura: ci fu addirittura chi smise di lavorare il sabato per partorire il mercoledì successivo. Quando si dice vita.
La storia siamo noi – Francesco de Gregori