Quando nei campi inizia a luccicare la guazza autunnale, i contadini che hanno curato i piantoni per tutto l’anno sanno che è vicino il tempo della raccolta delle olive. Sebbene durante i mesi passati l’olivicoltore spesso si sia trovato solo a girare tra le piante in cerca della ‘mosca’ o a scacciare qualche storno, il momento della raccolta lo costringe invece a chiamare a raccolta tutta la famiglia, i vicini e i parenti. C’è quello agile che si arrampica sul piantone, quello alto che raggiunge le fronde più lontane, quella più anziana che raccoglie le più comode, quello più esperto che posiziona la scala, quelli più piccoli che capano le foglie dalle olive, quello più svogliato che stende il telo e ogni scusa è buona. Tutta la squadra deve funzionare nel giro di pochi giorni: iniziando troppo presto la resa sarà minima, troppo tardi e l’olio sarà sciapo; facciamo passare le prime ore del giorno, perché la guazza rovina gli acini, e non finiamo troppo tardi, perché la luce del pomeriggio fa sparire l’oliva dai rami. Incassettata e caricata, trattori, camion, furgoni e auto allestite per l’occasione iniziano la processione verso il frantoio: la gara delle quantità si sposta, ora, sulla resa. Il contadino della piana sa che partirà in svantaggio rispetto a quello del colle, nonostante abbia svolto il suo lavoro al meglio, anche quando ha scelto di potare quel ramo che sembrava così bello e robusto. Ma il contadino di Tordibetto sa che, in fin dei conti, il suo olio sarà molto più buono di quello che potrà trovare sul mercato e quindi, vada come vada, si siederà vicino alla brace a mangiare, con la famiglia, la sua bruschetta.
La raccolta – Angelo Branduardi