26 Marzo 2020

I Gonfaloni della peste

Paola Mercurelli Salari
I Gonfaloni della peste

In età medievale le pestilenze sono un male endemico, contro il quale la medicina del tempo non ha rimedi e la pietà popolare non può che invocare la misericordia divina. Tra il 1460 e il 1480 il morbo ha particolare recrudescenza, specie negli anni 1464-1468 e 1475-1479 quando numerosi sono i gonfaloni dipinti come ex voto per lo scampato contagio, poi portati in processione ad ogni nuova avvisaglia di pericolo, riconoscendo in essi una forza apotropaica.

La lettura congiunta delle cronache del tempo e delle immagini devozionali prodotte permette di cogliere lo stato d’animo di quanti, impotenti, subiscono la recrudescenza del morbo e trovano forza nella fede. Il Gonfalone di San Francesco al Prato a Perugia, dipinto da Benedetto Bonfigli nel 1464, può essere definito un’illustrazione puntuale e cronachistica dei fatti accaduti in quell’anno.

Scrive lo storico Pompeo Pellini: “… Ed ebbe anco questo Magistrato a provedere al difetto de’ cittadini, che per timore della pestilenza, che havea ripreso grandissime forze in Perugia gran parte di essi nerano iti in contado, et altrove, et perciò fu forza dei Signori dieci di eleggere un  honesto numero di cittadini honorati col consiglio dei quali havessero potuto determinare quello, ch’intorno a ciò far si dovesse … Deliberarono che si conducessero 100 giovani della città con uno honesto stipendio per guardia delle piazze et delle porte …”. Chiudere le porte è indispensabile per non estendere il contagio alle campagne e per non lasciare la città sguarnita in caso di attacco del nemico, sempre pronto ad approfittare.

Così in basso al centro è raffigurata la Morte che falcia vittime risparmiando una sola donna, a destra una famigliola cerca scampo nel contado e a sinistra due giovani impediscono l’uscita di un terzo dalla città, nel rispetto delle delibere priorali. L’iscrizione “Funus in Perusio 1464” vuol essere un esplicito riferimento ai fatti narrati, consentendone una precisa contestualizzazione.

Per la veduta cittadina il punto di osservazione utilizzato da Bonfigli è quello necessario a porre in evidenza il quartiere di Santa Susanna e la chiesa di San Francesco al Prato, accanto alla quale pregano i membri della fraternita dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima, poi detta del Gonfalone proprio per la fortissima devozione che i perugini ebbero per quest’immagine. Domina la composizione la Madonna circondata dai patroni Ercolano, Lorenzo, Ludovico e Costanzo con Pietro Martire, canonizzato a Perugia nel 1253,  dai santi dell’Ordine committente Francesco e Bernardino e ovviamente da Sebastiano, il santo “contra pestem”. Maria stende il proprio manto sui perugini proteggendoli dall’ira di Cristo, simbolicamente rappresentata da dardi, mentre l’Angelo della Giustizia sguaina la spada, quello della Misericordia la ripone nel fodero e l’arcangelo Raffaele, il “missus” divino dal nome dal pregnante significato (Dio risana) sconfigge la peste-morte.

Lo stesso schema viene ripreso in manufatti analoghi, come quelli dipinti dallo stesso Bonfigli per Civitella Benazzone (1464 ca.) e per Corciano (1472), dove l’elemento di maggior interesse è dato dalla volontà di contestualizzare gli eventi con la raffigurazione dei santi locali e, soprattutto, mediante puntuali descrizioni topografiche di questi piccoli centri.

Si scosta, invece, sensibilmente da questo modello iconografico il gonfalone “contra pestem” di Santa Maria Nuova, dipinto da Bonfigli nel 1472. Qui centro focale della composizione è il Cristo irato che scaglia frecce, allusione alla peste, alla carestia e alla povertà; per intercessione della Vergine, del beato Paolo Bigazzini e dei Santi Benedetto e Scolastica, la popolazione ottiene la protezione dalla Morte, sconfitta dall’Angelo. Ma ancora una volta è evidente la volontà di richiamare la realtà locale, che non è tanto quella perugina, ma più nello specifico quella del rione. Nel paesaggio, infatti, può essere riconosciuto un profilo di Perugia dal quartiere di porta Sole, con le case e le torri ubicate a ridosso dell’arco dei Gigli, nei pressi del quale sorgeva l’oratorio della Confraternita dei Disciplinati di San Benedetto, attiguo alla chiesa di Santa Maria Nuova dei Silvestrini, dove i confrati avevano un altare per le funzioni religiose, quello stesso in cui verrà esposto il gonfalone. Ed anche i santi ritratti sono quelli del rione: Benedetto, titolare dell’omonima confraternita, e Scolastica sua sorella, il Beato Paolo Bigazzini, originario di Perugia e stretto seguace di Silvestro Guzzolini, fondatore dell’ordine dei silvestrini cui appartiene la chiesa di Santa Maria Nuova. Il riferimento, inoltre, alla fraternita di disciplinati, committente del dipinto, è reso esplicito dalla presenza di flagellanti incappucciati, evidenziati tra la folla, e simbolicamente richiamata dagli strumenti della Passione mostrati in alto dagli Angeli. 

In questo momento di condivise sofferenze anche Assisi ha il suo Gonfalone della Peste, dipinto da Niccolò di Liberatore per l’altare della cappella di San Ludovico nella basilica inferiore di San Francesco, oggi conservato a Kevelaer. Qui la Vergine si pone come intermediaria tra il Cristo giudice e i santi: Sebastiano e Rocco quali taumaturghi, Rufino e Vittorino, primi vescovi e antichi patroni della città, Francesco e Chiara, santi dell’Ordine e “nuovi” protettori della città. Come nelle pressoché coeve realizzazioni perugine di Bonfigli vi è una puntualissima contestualizzazione geografica mediante una fedele veduta di Assisi, che diviene prezioso documento topografico.

Non si conoscono né la data di esecuzione del gonfalone, né i committenti. L’assenza, tuttavia, dei santi titolari di una delle numerose confraternite assisiati induce a ritenere che si tratti di una civica commissione, sottolineata proprio dalla presenza dei primi due vescovi e martiri cittadini e dall’accurata veduta di Assisi, chiusa tra le sue mura trecentesche, colta nella sua interezza dalla valle sottostante.

È per la città tutta, infatti, che i santi cittadini invocano accorati la Vergine, e non per uno solo dei suoi quartieri, come spesso suggeriscono, invece, le contestualizzazioni topografiche di certe vedute dei gonfaloni perugini, dove gli interessi rionali sono salvaguardati dai santi di quartiere.

La peste ad Assisi ha particolare recrudescenza tra il 1480 e il 1485, tanto da indurre le autorità comunali a donare il 13 novembre 1485 duecento fiorini alla Madonna degli Angeli per la realizzazione di un ex voto in argento. Nella stessa seduta si invita tutta la popolazione a recarsi in processione alla Porziuncola per impetrare il soccorso della Vergine. In simili circostanze, pur mancando qualsivoglia riscontro documentario, viene verosimilmente eseguito questo gonfalone, comunque da collocare dopo il 1472 non solo per la dipendenza iconografica dal modello bonfigliesco per Santa Maria Nuova, ma soprattutto per l’accurata veduta della basilica di san Francesco, che ha in evidenza sia lo sperone fatto aggiungere da Sisto IV a completamento del Sacro Convento nel 1472, sia gli archi di sostegno alla piazza inferiore, costruiti nello stesso anno.

Le immagini e la documentazione restituiscono molte analogie con la situazione attuale, così evidenti da non dover neanche essere richiamate. Un nuovo miracolo i nostri gonfaloni potrebbero ancora farlo, se Assisi, passato il flagello, si candidasse ad ospitare una mostra dedicata ad una produzione unica nel suo genere, magari affidandola a specialisti del settore e non a sedicenti esperti, così come oggi è bene ascoltare i virologi e i medici in prima linea e non i professionisti dei social.

Paola Mercurelli Salari

È storica dell’arte del MiBACT; da assisana amerebbe conoscere tutte le pietre della sua città e con il tempo spera di riuscirci.

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