“…Che altro miracolo pretendere, visto che nasciamo morituri? Che altro impiego fare della morte dentro la vita, noi viventi, se non trasportarla alla parola? Quale altro bene può offrirci uno scrittore, una scrittrice? Se non il dono della parola? Ce n’è uno più grande?” (Nadia Fusini). Di nuovo sul tappeto volante con Iosif Brodskij, qui, nella struggente bellezza dei suoi versi.
Verso il mare della dimenticanza
(Lettera a A.D.)
Non è necessario
che tu mi ascolti,
non è importante
che tu senta le mie parole,
no, non è importante,
ma io ti scrivo lo stesso
(eppure sapessi com’è strano,
per me, scriverti di nuovo,
com’è bizzarro
rivivere un addio…)
Ciao, sono io
che entro nel tuo silenzio.
Che vuoi che sia
se non potrai vedere
come qui ritorna primavera
mentre un uccello scuro
ricomincia a frequentare
questi rami,
proprio quando il vento
riappare tra i lampioni,
sotto i quali passavi
in solitudine.
Torna anche il giorno
e con lui
il silenzio del tuo amore.
Io sono qui,
ancora a passare le ore
in quel luogo chiaro
che ti vide
amare e soffrire…
Difendo in me
il ricordo del tuo volto,
così inquietamente vinto;
so bene quanto questo
ti sia indifferente,
e non per cattiveria,
bensì solo per la tenerezza
della tua solitudine,
per la tua coriacea fermezza,
per il tuo imbarazzo,
per quella tua
silenziosa gioventù
che non perdona.
Tutto quello che valichi
e rimuovi
tutto quello che lambisci
e poi nascondi,
tutto quello che è stato
e ancora è,
tutto quello che cancellerai
in un colpo
di sera, di mattina,
d’inverno, d’estate
o a primavera
o sugli spenti prati autunnali,
tutto resterà
sempre con me.
Io accolgo il tuo regalo,
il tuo mai spedito,
leggero regalo,
un semplice peccato rimosso
che permette però
alla mia vita di aprirsi
in centinaia di varchi
sull’amicizia
che hai voluto concedermi
e che ti restituisco
affinchè tu
non abbia a perderti.
Arrivederci,
o magari addio.
Librati,
impossessati del cielo
con le ali del silenzio
oppure conquista,
con il vascello dell’oblio,
il vasto mare
della dimenticanza.