15 Maggio 2025

Punti di vista

Elvio Lunghi
Punti di vista

Com’era Giovanni, cioè Francesco, da giovane? Lo voglio immaginare come un fiore che sboccia, un ragazzo normale come se ne incontravano allora: di buona famiglia, bei vestiti, soldi in tasca e tanta voglia di vivere. Magari con la testa piena di sogni: le dame e i cavalieri narrati dalle chanson dei trovatori francesi. Partendo in primis dal soprannome, Francesco, che rimanda a feste, danze, canzoni d’amore, gesta eroiche nella lingua tanto amata dei trobadours. I biografi non sono concordi, ne abbiamo differenti racconti con differenti punti di vista. La Vita Prima di Tommaso da Celano, scritta per volere di un papa che lo aveva visto da vicino, si apre con la notizia di un uomo nato ad Assisi e di nome Francesco, che «dai genitori fu allevato fin dall’infanzia in modo dissoluto secondo le vanità del mondo e, imitando la loro misera vita, egli stesso divenne ancor più frivolo e vanitoso». Vent’anni dopo lo stesso biografo ne riscrive la vita su richiesta di frati desiderosi di storie da raccontare, e darà inizio al suo racconto col dire che la madre, «specchio di rettitudine», lo aveva chiamato in realtà Giovanni, e riferì l’opinione dei vicini che «manifestavano la loro ammirazione per la generosità d’animo e l’integrità morale di Francesco». Cos’è cambiato? Son vent’anni che si dicono meraviglie di un pover’uomo, c’è bisogno di rinnovare il repertorio. Più o meno negli stessi anni tre compagni, cioè Leone, Rufino e Angelo, raccontano di Francesco che «prese a esercitare la professione paterna, cioè il commercio, ma con stile completamente diverso. Francesco era tanto più allegro e generoso, dedito ai giochi e ai canti, girovagava per la città di Assisi giorno e notte con amici del suo stampo, tanto generoso nello spendere da dissipare in pranzi e altre cose tutto quello che poteva avere o guadagnare». Ma non di meno la madre, «quando sentiva i vicini parlare della prodigalità del giovane», l’interrogava dicendo «Che ne pensate di mio figlio? Sarà sempre un figlio di Dio, per sua grazia». Sono voci che circolano in città, parlano di Assisi e dei suoi abitanti. Passano dieci anni e Bonaventura da Bagnoregio scriverà questa volta a Parigi la vita di un santo divenuto famoso nell’universo mondo, e aprirà la sua Legenda Maior col dire «Nell’età giovanile, crebbe tra le vanità dei vani figli degli uomini. Dopo un’istruzione sommaria, venne destinato alla lucrosa attività del commercio. Ma, assistito e protetto dall’alto, benché vivesse tra giovani lascivi e fosse incline ai piaceri, non seguì gli istinti sfrenati dei sensi e, benché vivesse tra avari mercanti e fosse intento ai guadagni, non ripose la sua speranza nel denaro e nei tesori». Insomma Francesco non è più lui, da figlio di un mercante è diventato figlio di Dio, una trama inserita nell’ordito del disegno divino della salvezza. Perché tanti differenti racconti? La confusione dei nomi, un’altalena tra cadute e trionfi. Passano gli anni e mutano tempi e orizzonti, al successo di Francesco si accompagna la straordinaria diffusione dei suoi frati. Sono rispettati e vengono invitati a fermarsi in tante città, si vedono affidare la gestione della cosa pubblica e non possono più dirsi figli di un mercante fuggito di casa perché gli piace cantare. E allora Francesco resta sì il re della festa, ma con moderazione. È pur sempre figlio di Dio, come lo descrive la madre. Dove possiamo immaginare questa storia? Nelle strade e nelle piazze che ruotano intorno alla casa paterna, che dava sulla piazza dove si faceva il mercato delle carni alle spalle del Palazzo del Popolo. O lungo il vicolo che prende il nome dai macelli vecchi, per dove si raggiunge una piazzetta tra via Portica e la casa di Bernardo da Quintavalle, con il fondaco paterno a opinione di un testimone di fine ‘500. Poco sopra è la piazza dominata da un tempio antico che diventerà la sede del comune. Salendo ancora c’è il sagrato della nuova cattedrale. Scendendo c’è la piazza con il palazzo vescovile. E poi la strada che esce dalla porta verso l’ospedale di San Giorgio, dove Francesco imparerà a leggere e scrivere. E poi la strada che esce dalla porta di Moiano, con la fonte per tingere le stoffe che il padre Pietro vendeva in bottega, quando Francesco stava con lui. Tutto qui: strade, piazze, lavoro, canzoni.

Elvio Lunghi

Insegnante pensionato non ha perso il vizio di raccontare storie

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